Roma, spinelli e alcolici «fughe» adolescenziali

Fumano spinelli, bevono superalcolici e pensano spesso al suicidio. Non è facile la vita per gli adolescenti della capitale. Non per tutti naturalmente, ma, leggendo le cifre di un’indagine condotta dall’Istituto per la Dottrina e l’Informazione Sociale in collaborazione con la Provincia di Roma e realizzata su un campione significativo di più di mille studenti in undici scuole superiori del comprensorio capitolino, lo scenario del disagio giovanile appare preoccupante.

Uno studente su dieci confessa di pensare frequentemente al suicidio, metà dei ragazzi prende abitualmente alcol, il 31% accetta, se offerta, una sigaretta alla marijuana.
Solo tre giorni fa, prima di spararsi un colpo alla testa, Vincenzo Pallotti, diciotto anni, girava un video per spiegare freddamente al migliore amico i tre motivi del suo gesto: «Il primo rimarrà un segreto tutto personale che nessuno saprà mai, il secondo è che voglio smettere di soffrire, il terzo è che, visto che prima o poi tutti se ne vanno, non ho paura di accelerare questo processo». Antonio Savo, uno dei curatori della ricerca dell’Idis, fa presente che «nell’informazione si dà poco risalto a queste notizie, ma ogni tanto un ragazzo si uccide senza una giustificazione precisa». Sono gli stessi ragazzi che consumano droghe leggere, si ubriacano spesso, vanno male a scuola, si sentono soli e annoiati e, soprattutto, hanno problemi in famiglia, non si sentono apprezzati dai genitori, magari separati, coi quali litigano di frequente, il più delle volte spuntandola.
Il ruolo della famiglia è dunque sempre più decisivo per la corretta crescita della personalità dell’adolescente. Non solo come “luogo degli affetti”, ma anche come “luogo delle regole”. Genitori divorziati causano facilmente disagio nei figli. I padri soli, in particolare: il 25% dei ragazzi che sente la famiglia poco sensibile alle esigenze dei figli vive solo col papà. In casa sembra poi funzionare un po’ di rigidità: tra i figli dei genitori permissivi il 52% fuma abitualmente spinelli, mentre la percentuale diminuisce di trenta punti percentuali nei casi di famiglie più risolute. Il 68,2% dei ragazzi ritiene che nella famiglia ci siano i veri affetti, ma solo il 48,2% ritiene che siano da seguire gli insegnamenti ricevuti a casa. Il restante 51,8% si divide tra quelli che sostengono che non esistano regole da seguire, che non si debba subordinare la propria volontà alle norme o che i comportamenti da adottare non siano quelli imparati in famiglia. Nell’assenza di regole, via libera alla trasgressione: droga e bevute, non importano le conseguenze, perchè “futuro è ora” per quasi un quinto dei ragazzi che amano lo sballo.
Eppure sanno a cosa si va incontro: solo il 7,4% dei giovani ritiene che fumare spinelli non faccia male, tra chi ne fa uso abituale il 17,3% ammette di conoscere i danni provocati dalle droghe leggere. Quasi la metà dei ragazzi prova comunque indifferenza nei confronti degli stupefacenti, solo il 14% lo ritiene un comportamento sbagliato. Uno su tre giudica giusto usarli, più quelli che pensano che non facciano male. La conoscenza dei danni per la salute non è quindi un adeguato deterrente all’uso.
Alcol e droghe leggere non sono semplici divertimenti o sperimentazioni adolescenziali. I numeri dell’inchiesta portano a leggerli come indici di una situazione di malessere più estesa, che coinvolge la famiglia e l’idea generale di vita che il giovane si proietta davanti. A peggiorare lo scenario c’è il dato del 22,5% di studenti che si è rifiutato di partecipare all’inchiesta. Con tutta probabilità sono i ragazzi delle fasce più estreme, che avrebbero accentuato negativamente i risultati dell’indagine. Se questi sono i futuri adulti non c’è da ben sperare, se non pensando che, come scrisse Rimbaud, “Quando hai diciassette anni non fai veramente sul serio”.


Pietro Saccò
(C) Avvenire, 23-7-2004