Regolamentata la presenza della Chiesa sui media !

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“Meno preti in tv e solo se autorizzati dal vescovo”

La Cei: basta apparizioni alle trasmissioni di intrattenimento. In un documento le nuove regole per rafforzare la presenza della Chiesa sui media. “Ma è da evitare ogni intervento futile o superficiale”

ROMA – La “società dell’informazione” realizza una “rivoluzione culturale” con cui la Chiesa deve fare i conti, se vuole “stare dentro la contemporaneità”. E’ dunque necessaria una “conversione culturale e pastorale” perché il “genio missionario della Chiesa”, che è un genio “comunicativo”, possa vincere la sfida che gli viene dai media. Parla questo linguaggio, deciso e preciso, il documento “Comunicazione e missione”, pubblicato ieri dalla Cei con il sottotitolo “Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa”. Tratta anche della presenza dei preti in tv e detta regole per evitarne l’eccesso, o la banalizzazione.
Il “Direttorio”, approvato dall’assemblea dei vescovi il maggio scorso, detta i criteri per attrezzare la comunità cattolica in modo che i suoi appartenenti siano in grado di “operare da cristiani nella cultura dei media”. La posta in gioco è alta: “Varcare le soglie dell’arena mediale comporta un riconoscimento sociale sempre maggiore: rinunciarvi significa perdere rilevanza”.
Eppure in molti casi le comunità ecclesiali “stentano a comunicare o non ne avvertono la necessità”, o non raggiungono gli “standard qualitativi” necessari per ottenere ascolto. Il rimedio è indicato nella formazione degli operatori, nel coordinamento e potenziamento dei media gestiti dalla Chiesa, nell’ingresso delle sue istituzioni “nella rete delle reti”, cioè in Internet. L’obiettivo è di avere un sito per ognuna delle 26 mila parrocchie italiane: “Interfaccia virtuale della parrocchia è il suo sito Internet”.
Ogni parrocchia dovrebbe anche avere la figura nuova dell'”animatore della comunicazione e della cultura”, da scegliere di preferenza tra i giovani, perché si faccia “operaio” dei nuovi media al servizio della comunità. Nel paragrafo sulla formazione dei “destinatari” e dei “comunicatori” si afferma che anche i futuri preti devono studiare “scienze e tecniche” della comunicazione, senza ridurre questa preparazione a un “corso isolato”. Ma il documento è cauto sulla presenza di preti e frati e suore alla radio e in televisione e ricorda che “nessuno ha il diritto di parlare a nome della Chiesa”, se non ne ha avuto l'”incarico”.
Se partecipano a “trasmissioni che trattino questioni attinenti la dottrina cattolica o la morale” è necessaria “la licenza almeno presunta del proprio ordinario”, cioè del vescovo, o di altro superiore. Devono “comunque” astenersi da “intervenire in programmi di mero intrattenimento o quando la loro presenza può suscitare turbamento o scandalo tra i fedeli”. Ultimamente si era parlato della presenza di un prete al reality show di Canale 5 “Il grande fratello”. Il “Direttorio” esclude una simile possibilità, ma anche la partecipazione di ecclesiastici a trasmissioni di intonazione mondana: “Sono in ogni caso da evitare interventi e presenze che, per la loro collocazione, o per le modalità espressive, possano essere tacciati di superficialità e di futilità”.


di Luigi Accattoli
Corriere della sera 15 ott. 04