QUALE CURA PER IL MALATO IN STATO VEGETATIVO?


del prof. Giambattista Guazzetti
Responsabile reparto per malati in stato vegetativo
Istituto Don Orione, Bergamo
Key-words: stato vegetativo persistente, assistenza malati cronici, degenza a lungo termine
Indirizzo per la corrispondenza:
Dr Giambattista Guazzetti
Via Vivaldi 6 Mozzo (BG)


Abstract
The vegetative state is a fairly recent clinical condition. Usually, it follows a comatose state and indistinguished by patients coming back to alertness of which their opening eyes serves as evidence. Clear cognitive activities. However, are absent. The remarkable advance concerning intensive care during both the fifties and the sixties, which brought into use the procedures of cardiopulmonary resuscitation, has allowed more and more patients to recover from their conditions beyond expectation till then. In the past, patients who stayed in a coma for a period exceeding a few days without going through resuscitation, would fatally die on account of breathing, infections as well as metabolic complications.
In point of fact, the vegetative state is to be considered as an unwanted as well as undesired outcome of a medical intervention which is growing more and more early-stage, effective and widespread.


This report is concerned with a study involving sixtynine patients at the don Orione Insitute. The patients had received intensiveness concerning both assistance and rehabilitation. Twelve patients showed remarkable improvements in that they regained awareness and a few basic abilities to carry out daily activities.


Lo stato vegetativo è una condizione clinica relativamente recente, che solitamente consegue ad uno stato di coma. È caratterizzata da un ritorno alla vigilanza, testimoniato dall’apertura degli occhi, ma in assenza di una evidente attività cognitiva. Il balzo compiuto dalla terapia intensiva intorno agli anni 50’/60′, con l’introduzione delle tecniche di rianimazione cardiopolmonare, ha permesso a un numero sempre maggiore di pazienti recuperi fino ad allora inattesi ed insperati. Senza rianimazione i malati che rimanevano in stato di come per più di qualche giorno fatalmente soccombevano per le sopravvenute complicanze respiratorie, infettive o metaboliche.


Lo stato vegetativo è di fatto considerabile come l’esito non voluto e non auspicato di un intervento sanitario sempre più precoce, efficace ed esteso sul territorio.



Definizione
Causa la grave confusione terminologica, nel 1994 la “Multi-Society Task Force sullo stato vegetativo persistente” ha definito i criteri necessari per diagnosticarlo (1,2):
1. Nessuna evidenza o consapevolezza di sé o dell’ambiente ed incapacità ad interagire con gli altri.


2. Nessuna evidenza di risposte comportamentali sostenute, riproducibili, finalizzate o volontarie a stimoli visivi, uditivi, tattili o nocicettivi.


3. Nessuna evidenza di espressione o comprensione del linguaggio.
4. Vigilanza intermittente per la presenza di cicli sonno-veglia.
5. Funzioni autonomiche dell’ipotalamo e del tronco encefalo sufficientemente conservate in modo da permettere la sopravvivenza con cure mediche ed infermieristiche.
6. Riflessi dei nervi cranici (pupillari, oculo-cefalici, corneali, oculo-vestibolari e faringeo) e riflessi spinali preservati.


In realtà la questione dello stato di coscienza, intesa come consapevolezza di sé e come capacità di sperimentare sensazioni è molto controversa in quanto solleva questioni etiche di grave importanza. Tutti i ragionamenti che si fanno attorno a questi malati, ed in particolare quello che vorrebbe riconosciuta la liceità morale della sospensione dell’idratazione e dell’alimentazione, si basano infatti su due affermazioni non dimostrate: in nessun momento questi pazienti sono consapevoli di sé e dell’ambiente, e mai sono in grado di provare dolore o sofferenza (3).
Dobbiamo inoltre non dimenticare che ‘stato vegetativo persistente’ non indica una diagnosi, ma una prognosi e quindi ha un contenuto probabilistico.
A tutt’oggi non è possibile definire con certezza uno stato vegetativo come irreversibile, almeno nel senso di una mancata ripresa della coscienza. Ciò è particolarmente vero nel caso di lesioni cerebrali post-traumatiche. Nella
maggior parte dei casi è tuttavia possibile predire un rischio di disabilità severa. Se questo dato debba poi essere utilizzato per commisurare l’intensità dell’approccio terapeutico rimane da stabilire, soprattutto in funzione della definizione di ‘outcome accettabile’ (4).


Lo stato vegetativo va distinto dalla condizione di minima responsività e dalla sindrome locked-in.


La condizione di minima responsività, livello più grave di disabilità severa definita secondo i criteri della Glasgow Outcome Scale (GOS), comprende quei pazienti che spontanemanete o a seguito di test, mostrano minima reattività con risposte non costanti, ma comunque indicative di un interazione positiva con l’ambiente circostante. Secondo la posizione della Committee on the Minimally Responsive Patient of the American Congress Rehabilitation Medicine – Head Injury Interdisciplinary Special Interest Group (1994) il termine dovrebbe essere applicato solo quando si ha:


· Una risposta comportamentale indubbiamente significativa dopo comando, quesito o stimolo ambientale.


· Una risposta di dubbia significatività comportamentale, che si evidenzia poco quando manca il comando, quesito o stimolo associato con essa.


· Una risposta che è stata osservata almeno una volta durante il periodo di valutazione formale (5,6).


La sindrome Locked-in è una condizione causata dall’interruzione a livello pontino delle vie motorie discendenti. Non essendo interrotta la sostanza reticolare attivatrice ascendente sono mantenute sia la coscienza che la vigilanza. L’unico canale di comunicazione di questi pazienti è rappresentato dalla motilità oculare e palpebrale, solitamente non coinvolta nella paralisi del sistema motorio volontario, e che viene utilizzata per risposte ‘si’ ‘no’.


Epidemiologia
L’incidenza dello stato vegetativo è stimata in 0.7 – 1.1/100.000 abitanti; la prevalenza è di 2.5-3.5/100.000 abitanti. Circa un terzo degli stati vegetativi è di origine traumatica. Dei 2/3 di origine non traumatica (ictus cerebrale ischemico o emorragico, encefalite, anossia) quasi il 50% è costituito dalle anossie cerebrali.



Prognosi e Sopravvivenza


La prognosi dipende da tre principali fattori: natura del danno cerebrale, età del paziente, durata dello stato vegetativo (7,8).


La prognosi è determinata in gran parte dall’eziologia.


Nel complesso si può dire che i soggetti che entrano in stato vegetativo in seguito a lesioni traumatiche hanno una probabilità maggiore di recuperare la coscienza, anche a notevole distanza di tempo, rispetto alle lesioni non traumatiche. In quest’ultima categoria l’insulto cerebrale anossico ha la prognosi peggiore. (9)
Indipendentemente dalla causa, i soggetti di età inferiore ai 40 anni hanno più possibilità di recupero della coscienza, anche dopo diversi mesi.
Per quanto riguarda la durata dello stato vegetativo si può dire che più a lungo perdura, meno probabile è il recupero della coscienza ed, in linea generale, si può dire che oltre un anno è altamente improbabile. Queste ultime osservazioni sono tuttavia tratte da casistiche globali non particolarmente significative, fondati su studi di valore limitato e privi di un serio follow-up.


Anche per quanto riguarda la sopravvivenza vi è una quasi totale assenza di studi di follow-up a lungo termine dei pazienti in stato vegetativo da oltre 2-3 anni. Tuttavia si può dire che il range stimato è compreso tra 4 e 7 anni, anche se sono sempre più frequenti le segnalazioni di una sopravvivenza compresa tra 10 e 20 anni. È segnalato addirittura il caso di una donna ancora in stato vegetativo dopo 48 anni dal danno cerebrale (10). Inoltre non sono stati ancora effettuati studi validi sull’effetto, per l’aspettativa di vita, del grado di assistenza fornito a questi pazienti (11).


Le cause che determinano il decesso di questi pazienti sono più frequentemente: infezioni polmonari o del tratto urinario, decadimento generale sistemico, morte improvvisa per cause non determinate, insufficienza respiratoria, altre cause correlate alla malattia di base, come stroke ricorrenti o tumori.
Obiettivo del presente studio è quello di valutare i risultati ottenuti con un trattamento assistenziale intensivo in 69 pazienti in stato vegetativo ricoverati presso il Centro don Orione di Bergamo a partire dal 1996.

Metodi e risultati


Presso il Centro don Orione di Bergamo dal 1996 è attivo un reparto che accoglie malati affetti da gravi esiti di patologie neurologiche (stato vegetativo, stato di minima responsività, locked in syndrome). Il reparto ha sino ad oggi ospitato 69 pazienti (34 F, 35 M), con età media di 62 + anni (range 28-90).


La tipologia dei pazienti ricoverati è la seguente:


a) pazienti provenienti direttamente da reparti ospedalieri (Terapia Intensiva, Neurologia, Neurochirurgia) non considerati, per età o gravità del quadro clinico, eleggibili a trattamento riabilitativo; b) pazienti che, pur avendo già effettuato un trattamento riabilitativo intensivo presso idonei reparti, non hanno mostrato significative modificazioni cliniche e, data la gravità degli esiti, non hanno possibilità di rientro al proprio domicilio.


L’assistenza ai malati ricoverati nel nostro reparto prevede:


1. nursing assistenziale continuativo durante le 24 ore finalizzato all’igiene personale, alla mobilizzazione e alla sorveglianza


2. controllo dell’alimentazione


3. trattamento riabilitativo che, non avendo caratteristiche d’intensività, è volto soprattutto alla prevenzione del danno terziario, al recupero della possibile funzionalità residua e alla stimolazione sensoriale, alla rieducazione della deglutizione, alla rimozione della tracheocannula, alla mobilizzazione, alla rieducazione cognitiva, agli aspetti affettivo-relazionali. Consideriamo a tutti gli effetti trattamento riabilitativo le manovre di nursing che quotidianamente eroghiamo e che sono sempre accompagnate da una relazionalità pregnante.


4. sorveglianza medica attiva durante 12 ore e pronta reperibilità nelle ore notturne
5. la possibilità di attivare consulenze mediche specialistiche: cardiologo, urologo, neurologo, fisiatra, gastroenterologo, ORL, chirurgo generale, rianimatore


Il lavoro assistenziale è svolto da piccole equipe composte da un infermiere professionale e un ASA che hanno in carico 8 pazienti (nucleo assistenziale) ai quali quotidianamente garantiscono:


1. Igiene con spugnatura giornaliera di tutto il corpo con particolare attenzione alle parti intime, pulizia del cavo orale da ripetersi due volte al giorno, un bagno completo con frequenza settimanale.


2. Gestione (compresa la sostituzione) delle tracheocannule, della PEG e, laddove presente, del catetere vescicale.


3. Mobilizzazione in carrozzina due volte al giorno, mobilizzazione al letto ogni tre ore.
4. Somministrazione alimentazione enterale con valutazione
periodica dello stato nutrizionale.


La ricerca del massimo confort possibile per i pazienti ospitati e per i loro familiari prevede i seguenti supporti: letti di degenza a tre segmenti regolabili con spondine ed archetti alza coperte, materassi e presidi antidecubito, aspiratori chirurgici per bronco aspirazione, apparecchi per aerosol terapia ad ultrasuoni, sollevamalati con imbracatura, bilancia pesa persone da raccordare al sollevatore, nutripompe per alimentazione enterale, attrezzature essenziali per il pronto soccorso, predisposizione impianti ad ossigeno, monitor per il controllo delle funzioni vitali (PA, frequenza cardiaca, saturimetro), condizionamento climatico e sistema di filtraggio dell’aria.


Il reparto presenta i seguenti requisiti strutturali: camera a due posti letto di dimensioni superiori a quelle previste dalla normativa regionale, un bagno assistito per ogni nucleo, presenza all’interno del nucleo di una sala medica e una sala infermieri.
Le patologie che hanno determinato il ricovero sono indicate nella tabella 1.


Tabella 1


Eziologia N Età
Emorragia cerebrale 19 65 + 9.4


Ischemia cerebrale 21 73 + 6.6
Anossia cerebrale 19 64 + 15.7
Trauma 9 49 + 16.5
Infezione 1 48
Totale 69 62 + 10.8



Tra i pazienti ricoverati, 29 sono deceduti, 16 sono stati trasferiti (3 a domicilio, 6 in centri di riabilitazione, 7 in casa di riposo), 24 sono a tutt’oggi nel nostro Centro (7 in casa di riposo, 17 nel reparto comi).


Dodici pazienti su 69 (17,4%) hanno presentato un notevole miglioramento della loro condizione (Tabella 2)Tabella 2
Tipo di recupero N pazienti
Ripresa delle relazioni ambientali 12
Ripresa dell’eloquio 6
Ripresa dell’alimentazione per via orale 8 (in 2 autonoma)
Rimozione della tracheocannula 11
Guarigione dei decubiti 4
Rientro a domicilio 3

Discussione
L’esperienza di cura di malati in stato vegetativo persistente ricoverati presso il Centro don Orione di Bergamo mostra come un trattamento riabilitativo ed una assistenza attenti, solleciti e prolungati nel tempo, erogati da un gruppo addestrato, motivato e affiatato, sono in grado di determinare un miglioramento della qualità della vita di questi pazienti con una ripresa delle relazioni ambientali nel 17% dei casi e con il rientro a domicilio nel 4% dei casi.


Questi risultati, assolutamente inattesi e sorprendenti, sono stati resi possibili da un elevato rapporto operatori sanitari-pazienti (ogni nucleo assistenziale prevede un IP
e un ASA ogni 8 pazienti) e la presenza stabile di un medico internista, 2 terapisti della riabilitazione e la consulenza di neurologo, fisiatra, cardiologo, urologo.


Questo tipo di assistenza per questa tipologia di pazienti determina ovviamente elevati costi di gestione. A fronte del chiaro miglioramento della qualità della vita in tutti i pazienti (assenza piaghe da decubito) e della ripresa di coscienza e capacità relazionale in una percentuale sicuramente elevata, appare chiaro che la scarsità di risorse economiche in sanità, fattore critico nella pianificazione sanitaria, non possa tuttavia diventare l’unico criterio per la programmazione: a questi malati va offerta una possibilità assistenziale realmente adeguata al loro bisogno.


Sulla base della nostra esperienza il loro ricovero non dovrebbe avvenire in reparti con basso rapporto tra personale sanitario e pazienti, dove un’adeguata assistenza non può essere assicurata, tanto più se consideriamo che, data l’esiguità numerica di questi pazienti (lo stato vegetativo ha una prevalenza di 2-3.5/100.000 abitanti), il costo per la loro assistenza incide in minima parte nel bilancio della spesa sanitaria.
La cura dei malati in stato vegetativo è al momento attuale caratterizzata da un alto grado d’inappropriatezza.


Tale inappropriatezza consiste in:


1) permanenza per tempi lunghi all’interno di strutture ospedaliere in reparti per acuti, ivi compresi i reparti di rianimazione, con conseguente utilizzo improprio di posti letto e risorse economiche;


2) ricovero in casa di riposo dove i livelli assistenziali non sono in alcun modo in grado di prevenire i danni terziari, nè, tanto meno, di valutare le residue possibilità riabilitative;


3) la domiciliarizzazione, che potrebbe rappresentare la soluzione ideale, si deve confrontare con importanti problematiche familiari, abitative e sociali. Qualora queste fossero soddisfatte, la presa in carico domiciliare deve necessariamente supporre l’esistenza di un’assistenza domiciliare altamente efficiente.


Questi pazienti pongono problematiche assistenziali a basso contenuto tecnologico (non necessitano di trattamenti sanitari superspecialistici), ma ad elevato impegno umano ed assistenziale mirate alla prevenzione dei danni terziari (decubiti, retrazioni muscolo-tendinee, calcificazioni para-articolari, infezioni bronco-polmonari ed urinarie, trombosi, ecc.), e all’eventuale recupero funzionale.
Se questo tipo d’intervento non necessita di strutture specialistiche ospedaliere ad alta tecnologia, è anche vero che la sua attuazione necessita di reparti all’interno dei quali operi personale esperto, addestrato alla cura di questo tipo di pazienti con un rapporto tra personale presente e paziente che non può essere in alcun modo equiparato a quello richiesto per una casa di riposo.


Per prendersi cura di questi pazienti è auspicabile quindi la creazione di appositi reparti che potrebbero trovare spazio all’interno di case di riposo, condividendo con queste i servizi già in essere (cucina, lavanderia, farmacia, guardaroba, pulizia dei locali, ecc.), ma con standard assistenziali che non possono che essere radicalmente più elevati. I progetti e i programmi di cura e riabilitazione di questi pazienti devono essere, per quanto sopraddetto, connotati in modo specifico e dovranno essere diversificati non tanto e non solo per una intensività di trattamento, ma per una specificità individuale che consideri anche la particolarità socio-familiare in cui il soggetto è inserito.


I motivi a sostegno un tale tipo d’intervento possono essere i seguenti:
1. la diagnosi di stato vegetativo necessita un’osservazione dettagliata e ripetuta nel tempo effettuata da un equipe di operatori che raccolga varie figure professionali dotate di competenza specifica per questo tipo di valutazione. L’acquisizione di una tale competenza necessita un addestramento e una formazione che richiede tempo ed impegno personale da giocarsi all’interno di queste specifiche unità di cura.
2. Anche dopo la stabilizzazione del quadro clinico è necessario un elevato rapporto medico-infermiere/paziente, poiché questi pazienti presentano problematiche multiple e complesse, che facilmente possono determinare la ricomparsa di una situazione di grave instabilità clinica che può perdurare anche per lunghi periodi.


3. Per facilitare la ripresa del contatto ambientale e, laddove possibile, delle autonomie di base (rieducazione respiratoria, dell’alimentazione per via orale, disallettamento, eloquio, ecc.) è necessario un piano riabilitativo specifico.


Come accennato le problematiche sollevate da questa patologia non coinvolgono solo il paziente colpito, ma anche tutto l’ambiente familiare. Azioni di supporto, d’informazione, di addestramento in vista di un eventuale rientro dovranno essere continuamente erogate.


Conclusioni
Nel malato in stato vegetativo raramente si può ottenere la guarigione, che, per altro, diventa sempre più improbabile quanto più passa il tempo. Molto più spesso, utilizzando i mezzi ordinari a disposizione, si può alleviare la sofferenza e migliorare la qualità della vita. Sempre è possibile “prendersi cura” di questi malati.
Il “prendersi cura” di questi pazienti, per i quali nella maggior parte dei casi non si osserva una ripresa della stato di coscienza, richiede che il medico, l’infermiere, il riabilitatore abbiano chiarificato a se stessi il significato del loro essere mortali, quindi il significato della loro finitezza. Non possiamo mai dire: non c’è più niente da fare. Non c’è mai un momento nell’assistenza ad un malato in stato vegetativo in cui possiamo dire: basta adesso possiamo fermarci, non c’è più niente da fare. Si tratta di saper trovare la cosa giusta da fare in qualsiasi momento.


L’etica del prendersi cura rappresenta proprio la concretizzazione di come trovare le cose giuste da fare nelle diverse situazioni, continuando a “curare” il paziente senza per questo fare l’errore di cadere nell’accanimento o nell’abbandono terapeutico.
Il presente lavoro evidenzia come il prendersi cura, sempre possibile qualunque sia il tipo e la gravità della patologia con cui ci dobbiamo confrontare, possa in alcuni casi, anche quando la situazione clinica è così compromessa da non lasciare spazio a speranze di guarigione, consentire risultati clinici rilevanti in grado di modificare, migliorandola, la qualità di vita e la prognosi del paziente a noi affidato.


BIBLIOGRAFIA

1. Jennet B. The persistent vegetative state. Task force’s
definition influences interpretation of outcome. Br Med J
1995; 310:1137.


2. The Multi-Society Task Force on PSV. Medical aspects of
the persistent vegetative state. N. Engl J Med 1994; 330:
1499-1508
3. Gian Luigi Gigli. Medicina e morale. 2002/2 p 216


4. Latronico N, Alongi S, Facchi E, Taricco M, Candiani A,
Approccio al paziente in stato vegetativo Parte III: la
prognosi. Minerva Anestesiol 2000; 64: 241-248.


5. American Congress of Rehabilitation Medicine.
Recommendations for the use of uniform nomenclature
pertinent to patient with severe alterations in
consciousness. Arch Phys Med Rehabil 1995; 76: 205-209.


6. A.Berlicchi, B.Zanotti. IL COMA & CO. NEW MAGAZINE
EDIZIONI. 1999 p 135


7. Council on Scientific Affairs and Council on Ethical
and Judicial Affairs. Persistent vegetative state and
decision to withdraw or withhold life support. JAMA 1990;
263: 426-430


8. Howard RS, Miller DH. The persistent vegetative state.
Information on prognosis allows, in decisions to be made
on management. Br Med J 1995; 310:341-342


9. Berrol S. Evolution of the vegetative state. J Head
Trauma Rehabil 1986; 1:7-16


10. Andrews K. International Working Party on the
manegement of the vegetative state: summary report. Brain
Inj 1996; 10:797-806.


11. The Multi-Society Task Force on Anencephaly. The
infant with anencephaly. N Engl J Med 1990; 322: 669-674.