Pio XII? Non fu antisemita

L’ANALISI
La rivista «Civiltà cattolica» interviene sulla vicenda dei piccoli ebrei scampati all’Olocausto. Padre Sale: fu uomo del suo tempo ma è assurdo definirlo “il Papa di Hitler” o “rapitore di bambini”.


«Fuori luogo la pretesa, avanzata in alcuni ambienti anticattolici, di sottoporre a tutela laica il processo di beatificazione»

Da Roma Gianni Santamaria


La Chiesa – qualora riguardo alle accuse verso Papa Pio XII concernenti il suo atteggiamento sul nazismo e la Shoah per ipotesi si trovasse di fronte a «fatti concreti» e non a «semplici polemiche giornalistiche, spesso fatte con evidente malanimo e odio anticattolico» – sarebbe pronta a chiedere perdono, «come in diverse circostanze ha già fatto Giovanni Paolo II». Del tutto «fuori luogo» è, invece, «la pretesa avanzata in alcuni ambienti anticattolici di sottoporre a “tutela laica” il processo di beatificazione di Pio XII, tuttora in corso». Sono i netti giudizi con i quali La Civiltà Cattolica, autorevole rivista della Compagnia di Gesù, interviene – appena sopito il calor bianco della polemica – sulla recente serie di articoli giornalistici innescata da un intervento dello storico Alberto Melloni che ha toccato la spinosa questione dei bimbi ebrei ospiti in famiglie e istituti cattolici e sulla loro restituzione a organizzazioni ebraiche. E del battesimo di alcuni di loro. Il lungo articolo su «La vicenda dei bambini ebrei scampati all’Olocausto» è affidato all’esperto di storia novecentesca all’interno del “collegio degli scrittori” (la redazione della rivista), padre Giovanni Sale. Il quale ricostruisce con dovizia di particolari il dibattito sviluppatosi sulla stampa italiana (con riflessi anche all’estero) a partire da un documento rivelatosi poi incompleto e pubblicato «senza le necessarie previe verifiche sulla sua origine e sul contesto in cui era stato redatto» (su tutta la vicenda si può utilmente consultare l’apposito dossier nel sito www.avvenire.it).
Il giudizio del religioso sul livello della querelle a mezzo stampa è, comunque, in generale positivo, «a parte qualche deprecabile caduta di tono, che fortunatamente non ha avuto seguito e non ha abbassato il livello del confronto». Il quale è stato utile, appunto, a vedere le cose nel loro svolgersi per quanto po’ essere ricostruito con metodo storico e, auspica, senza pregiudizio ideologico. E’ su l piano della storia che padre Sale fa alcune importanti puntualizzazioni. Innanzitutto che l’episcopato francese era in parte favorevole alla restituzione dei bambini, perché temeva attacchi dalla stampa comunista (siamo all’inizio della guerra fredda). Poi che chi si opponeva lo faceva per un sentimento, diffuso tra i cattolici – e condiviso anni prima, scrive padre Sale, anche dall’allora nunzio Angelo Roncalli – di diffidenza per la causa sionista, le cui organizzazioni erano in prima fila nel reclamare i bimbi. Infine che, tranne pochi deprecabili casi, la Chiesa cattolica – in Francia come in Italia – non approfittò della tragica situazione in cui gli ebrei si erano venuti a trovare per fare proselitismo. Particolare il caso di quei bimbi che erano stati battezzati. Si creò dunque una complessa situazione, nella quale però il punto fermo era che chi avesse abbracciato in libertà e coscienza il cristianesimo fosse educato nella fede. Nulla c’entra un antisemitismo cristiano, che padre Sale nega, riproponendo la classica distinzione con l’antigiudaismo. Generato dalla partecipazione di alcuni ebrei a Rivoluzione francese, massoneria e comunismo, questo secondo atteggiamento contagiò anche alcuni polemisti in seno alla rivista dei gesuiti, ricorda il confratello di oggi. «Ma la teologia cristiana non approvò mai l’ideologia razziale che fu all’origine dell’Olocausto, anzi, in diversi documenti pontifici di Pio XI e Pio XII fu apertamente condannata, nonostante le minacce di Hitler contro la Chiesa cattolica e il Papa», ribadisce Sale.
Da storicizzare è, infine, anche la figura di Pio XII. Il “Papa di Hitler” (ma John Cornwell ha recentemente cambiato idea), il “rapitore di bambini” come lo ha definito Daniel Goldhagen (è con tutta probabilità questa una delle «cadute di tono» cui accenna Sale) rischiò, come ha rivelato Salvatore Mazza su questo giornale, di essere rapito da Hitler. E alla morte ricevette il grato ricordo del rabbino capo Herzog, che nel messag gio di cordoglio cita proprio un’udienza del 1946, nella quale gli aveva sottoposto il caso dei bimbi. Certo, resta anche lui uomo del suo tempo e da lui, commenta il gesuita, non ci si possono attendere prese di posizione teologiche che matureranno solo con il Vaticano II. Ma sull’accertamento della sua santità solo la Chiesa è «abilitata a pronunciarsi».


Avvenire 04/02/2005