Per Terri crudeltà rivestita di pietà

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La sentenza contro Terri Schiavo, una morte “crudele”, secondo Monsignor Sgreccia

Dopo la decisione del giudice federale della Florida, una nuova dolorosa “stazione” del personale calvario di Terri Schiavo è stata scritta oggi…

Secondo il vescovo Elio Sgreccia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, nel caso di Terri Schiavo la parola “eutanasia” non rispecchia nemmeno il suo senso etimologico, “buona morte”, poiché è “crudele”.
Il prelato ha accolto con “sconcerto e amarezza” il rifiuto da parte del giudice federale del distretto di Tampa (Florida), James Wittemore, della richiesta urgente dei genitori della donna, che ha una lesione cerebrale, perché venga riattaccato il tubo che permette di nutrirla e dissetarla.
“Debbo confermare il giudizio morale che non cambia, perché rimane un atto illecito e grave, tanto più grave in quanto sembra che decidere su chi deve vivere e su chi deve morire ormai sia questione di tribunale”, ha affermato monsignor Sgreccia in alcune dichiarazioni mandate in onda dal canale “105-live” di “Radio Vaticana”.
 “Pertanto, confermo il giudizio negativo, non soltanto sulla sottrazione degli alimenti, ma anche sulla sentenza che intende legittimarla. Speriamo che questi esempi non vengano seguiti da altre simili sentenze”, ha aggiunto il prelato questo martedì.
Monsignor Sgreccia ritiene che quanto deciso dalla giustizia statunitense “non è eutanasia nel senso letterale della parola; non è una buona morte, è una morte provocata attraverso una forma crudele. Non è un atto medico”.
 “E’ una sottrazione dell’acqua e del cibo necessari per provocare la morte, che sarebbe venuta prima o poi, meno sofferta”, ha aggiunto.
 “Io credo che l’atto di bene e di bontà di quanti hanno espresso solidarietà con la famiglia, rimane un atto di grande merito e anche la difesa pubblica è stata una manifestazione di volontà doverosa”, ha proseguito.
 “Spiace che la vicenda rientri, forse, in un meccanismo di enfatizzazione che ha intenzione di favorire la legittimazione della cosiddetta eutanasia, in simili casi dove spesso giocano interessi di altro genere”.


ZENIT.org – CITTA’ DEL VATICANO,  22 marzo 2005


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Un’altra dolorosa “stazione” del calvario di Terri Schiavo


Una nuova dolorosa “stazione” del personale calvario di Terri Schiavo è stata scritta oggi dall’11ª sezione della Corte d’appello federale di Atlanta, a cui i genitori della donna hanno deciso di rivolgersi nel tentativo di non lasciare morire la figlia. La Corte d’appello ha confermato la sentenza emessa ieri dal giudice federale di Tampa, in Florida, James Whittemore. Anche per i giudici di Atlanta, i genitori di Terri non hanno dimostrato alcuna possibilità di successo nel tentativo di migliorare le condizioni della figlia. “Siamo della stessa opinione del tribunale – hanno scritto i magistrati di secondo grado – nell’affermare che i ricorrenti non hanno dimostrato di avere basi solide per alcuna delle loro rivendicazioni. Stabiliamo anche che la Corte statale competente non ha abusato di discrezionalità nel sancire l’interruzione dell’alimentazione forzata”. La sentenza è stata emessa a maggioranza:  uno dei tre giudici ha infatti votato contro e nelle motivazioni scritte si è detto “fortemente in dissenso” dalla posizione dei colleghi, sostenendo che la bocciatura del ricorso dei genitori della Schiavo “rende vano l’intervento del Congresso, mirante a mantenere la donna in vita fino a quando una Corte federale avrà una nuova ed adeguata opportunità di considerare le questioni costituzionali sollevate dal ricorso stesso”. Ai genitori di Terri – alla quale, vale la pena ricordare, per già due volte in passato era stata interrotta l’alimentazione – non è rimasta ora altra speranza se non quella di una sentenza in favore della vita da parte della Corte Suprema degli Stati Uniti.
Purtroppo fin qui, Terri, nel suo doloroso cammino, sembra aver incontrato alcuni carnefici. Da chi decise per la prima volta di farla morire, ai giudici che ora hanno firmato la sua condanna. E questo nonostante l’opinione di buona parte della società statunitense e l’intervento dello stesso Presidente George W. Bush, che, anche ieri, ha espresso rammarico per quanto stabilito dalla magistratura. Intanto, inconsapevole del frastuono, anche mediatico, levatosi intorno alla sua vicenda, Terri, in silenzio, muore.


L’Osservatore Romano – 24 Marzo 2005