Orissa: i leader del mondo devono condannare questo attacco ai cristiani

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P. Edward, scampato al rogo in Orissa: I radicali indù sono terroristi

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P. Edward Sequeira è fra le vittime delle violenze dei fondamentalisti nell’Orissa. Solo per miracolo si è salvato dal rogo del suo orfanotrofio, dove è morta carbonizzata la sua collaboratrice, Rajni Majhi. Ricoverato ora a Mumbai, in cura intensiva, ha accettato di parlare con AsiaNews. Per il sacerdote, occorre una condanna internazionale contro il mancato rispetto dei diritti umani e della libertà religiosa che domina nell’India rurale. Il commento di p. Bernardo Cervelliera: La "vergogna" è che i cristiani dell\’India… vengono massacrati, mentre governi mondiali e associazioni umanitarie tacciono…

 

Mumbai (AsiaNews) – P. Edward Sequeira è un’altra vittima delle violenze dei radicali indù nell’Orissa, che lui non esita a definire “terroristi”. I gruppi legati al Sangh Parivar lo hanno preso, legato, picchiato per oltre un’ora e poi lo hanno rinchiuso nella stanza incendiandola. P. Edward è riuscito a salvarsi rinchiudendosi nel bagno della sua camera. Prima di perdere i sensi, ha sentito le urla di Rajni Majhi che, legata, era stata buttata nelle fiamme, morendo carbonizzata.
Le prime informazioni parlavano di lei come una suora, poi di una missionaria laica. P. Edward spiega che la ragazza era una delle tante ragazze orfane che lui aveva salvato e che viveva e collaborava con lui nell’orfanotrofio da lui fondato.
Mentre parla di lei, p. Edward non riesce a trattenere le lacrime e scoppia in singhiozzi. La folla dei fanatici forse pensava che Rajni fosse una delle tante conversioni forzate che essi attribuiscono la cosiddetto “proselitismo cristiano”. “Era solo una semplice ragazza indù – dice il sacerdote – che stava prendendo la licenza superiore. Sento ancora nelle orecchie la sua voce: Padre, mi vogliono bruciare viva! Queste sono le ultime parole che ho percepito, dopo ho perso conoscenza… La sua morte è la ferita più profonda nel mio cuore”.
I fondamentalisti indù da tempo diffondono una campagna contro le conversioni cristiane e la loro opera di evangelizzazione. Per p. Edward, 58 anni, il suo impegno di missionario è un’opera per la dignità della persona.
 “Negli ultimi 10 anni ho sempre lavorato affianco a i lebbrosi a Padampur, nel distretto di Bargarh. A un centro punto mi sono scontrato con questo problema: nelle comunità rurali dell’India, si preferisce avere il figlio maschio; i genitori hanno magari più di 4 o 5 figlie femmine prima che nasca loro il maschio. E così, queste ragazze molto difficilmente vengono mandate a scuola, spesso finiscono per pascolare le mucche, o sono mandate come serve presso qualche proprietario terriero. Molte di esse soffrono di malnutrizione.
Per questo ho dato il via a un ostello-orfanotrofio per ragazze, per dare loro una possibilità di crescita e di dignità, attraverso la scuola e l’addestramento professionale”.
 “Una di queste ragazze era proprio Rajni Majhi, nata da una famiglia indù che avendo già 5 o 6 figlie, l’ha concessa in adozione a un’altra famiglia di tribali indù, che non avevano figli. Quando questa famiglia adottiva è riuscita ad avere figli propri, hanno cominciato a trattare male e discriminare la povera Rajni. Per questo motivo, 4 anni fa lei è venuta al mio orfanotrofio e dopo pochi mesi scoppiava di vita e di gioia. Le ragazze più piccole la chiamavano ‘nanni’ (sorella maggiore) e oltre a studiare, Rajni era un po’ come la responsabile delle ragazze.
 “Tutti questi programmi di sviluppo – dalla cura dei lebbrosi ai Dalit – sono tutti a servizio degli indù. Ho lavorato in Orissa per 25 anni e non ho mai convertito neanche una persona al cristianesimo”.
L’odio contro il cristianesimo e contro lo sviluppo delle persone è ciò che spinge i gruppi radicali indù a distruggere la presenza dei cristiani e delle loro istituzioni. “Chi dice che terroristi sono solo quelli che piazzano bombe o portano armi? Ciò che succede in Orissa è un attacco terrorista. Cos’altro sono questi membri della Sangh Parivar, che hanno licenzia di uccidere, distruggere e schiacciare i loro concittadini? Sui cristiani del distretto di Kandhamal  si è scatenata un’azione di puro terrorismo”.
P. Edward ricorda quanto gli è successo: “Lunedì 25 agosto, intorno all’1.30, stavo pranzando quando qualcuno bussa alla porta. Apro e c’è una folla di 500 persone che domanda ‘Chi è il prete?’. In questo non vi era nulla di strano: spesso la gente viene da me e mi chiede di accompagnare qualche persona all’ospedale con la mia auto. Quando mi sono presentato, hanno tirato fuori tutte le armi che avevano – asce, falci, lance, sbarre di ferro – e hanno cominciato a colpirmi. Trascinandomi fuori, nel cortile dell’orfanotrofio, mi colpivano gridando: Bajrang Bali  Ki Jai!  Yesu Christi Murdabada! Lode al Signore Hanuman [il dio indù, col volto di scimmia – ndr]! Distruggete, eliminate Gesù Cristo!
Gli estremisti mi hanno malmenato per almeno un’ora [P. Edward ha ancora oggi ecchimosi su tutto il corpo e 5 ferite alla schiena – ndr].
Poi sono entrati nella mia stanza, hanno raccolto tutti i vestiti e i libri e li hanno ammucchiati al centro, vi hanno versato sopra kerosene, olio e alcuni bastoni di gelatina che avevano portato con loro, mi hanno spinto nelle fiamme e hanno chiuso la stanza dall’esterno.
Rimanendo stranamente calmo – forse mi ha aiutato il Signore – sono andato nel bagno e mi sono chiuso dentro, mentre la stanza era avvolta dalle fiamme e da un fumo denso.
Sentivo la folla che gridava slogan anti-cristiani. Poi li sento andare nel garage e lì bruciano la macchina. Alcuni di loro erano andati sul tetto per bruciare il garage. Intanto il bagno dove ero nascosto si era riempito di una spessa coltre di fumo. Era tutto buio, e mentre i miei polmoni respiravano il fumo, ero preoccupato per i bambini e le bambine dell’orfanotrofio.
Intanto, i bambini e Rajni, che avevano assistito alla folla che mi assaliva, erano entrati nell’orfanotrofio e avevano sbarrato la porta dall’interno. Ma alcuni uomini, dal tetto, sono riusciti a penetrarvi dentro e hanno trascinato Ranji all’esterno, insieme ai bambini. Molti di loro sono fuggiti. Ma quei criminali hanno legato Ranji e dopo aver fatto un falò nella stanza dell’orfanotrofio, l’hanno gettata nelle fiamme. Con le loro lance, falci e altre armi la costringevano a rimanere fra le fiamme”.
Qui p. Edward scoppia a piangere. Quando si riprende aggiunge soltanto: “Rajna era una ragazza così semplice, aveva davanti a sé il futuro… Ora la mia preoccupazione è di aiutare gli orfani. Questi bambini hanno assistito al rogo. Non riesco nemmeno ad immaginare i loro traumi: saranno spaventati per tutta la vita”.
Solo l’arrivo dei vigili del fuoco ha messo fine a quella tragedia. Ma i problemi restano: “Nell’India rurale – continua il sacerdote – diritti umani e libertà religiosa non esistono. Vi sono due Indie: quella industriale, dal potere economico emergente, e quella della povertà rurale, dei poveri e degli sfruttati, senza diritti e senza libertà religiosa; il potere politico si ricorda di loro solo come riserva di voti alle elezioni”.
 “Noi veniamo attaccati perchè la Chiesa rende queste persone più coscienti della loro dignità e le aiuta  all’autodeterminazione. Col nostro impegno miglioriamo lo stato economico dei poveri e degli emarginati. I Dalit e i tribali diventano più coscienti attraverso la nostra educazione… I proprietari terrieri sono contrari a tutto questo perché non possono più sfruttarli come manodopera  a basso costo, con la schiavitù o altre forme di oppressione”.
 “Nell’India rurale, la religione è tutta politicizzata, è una pedina nelle mani di alcuni potenti politici che soffiano sul fanatismo religioso per i loro scopi… Sono vandali, sono dei criminali”.
P. Edward conclude con un appello alla comunità internazionale: “Tutti I leader del mondo dovrebbero condannare questo attacco ai cristiani dell’Orissa. Non basta dire – come ha fatto il primo ministro indiano – che esso è ‘una vergogna nazionale’. Il mondo dovrebbe condannare questi atti di terrorismo e imporre sanzioni, denunciando l’India per questi abusi e mancanza di rispetto per i diritti umani e la libertà religiosa”.
di Nirmala Carvalho
AsiaNews 04/09/2008

La vergogna dell’India e quella dell’Europa e del mondo

La "vergogna" è che i cristiani dell\’India, una forza importante per lo sviluppo sociale ed economico del Paese, vengono massacrati, mentre governi mondiali e associazioni umanitarie tacciono. Un altro esempio di "cristianofobia". L\’invito dei vescovi italiani per la Giornata di preghiera e digiuno, domani, memoria della beata Teresa di Calcutta.

di Bernardo Cervellera

Roma (AsiaNews) – L’India del Mahatma Gandhi, della tolleranza, della democrazia è scivolata nella vergogna. “Una vergogna per la nostra Patria”: così il premier Manmohan Singh e il card. Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai, hanno definito il pogrom contro i cristiani  scatenatosi dal 23 agosto in poi nello stato dell’Orissa. Il bilancio è gravissimo e destinato a crescere:  decine di morti (alcune fonti dicono 100); almeno 52 chiese (fra cattoliche e protestanti) distrutte; centinaia di case danneggiate; quattro conventi, cinque fra ostelli e alloggi per giovani, sei istituti cattolici dediti al volontariato e al sociale devastati, centinaia di auto e altri oggetti personali incendiati. Ancora oggi migliaia di cristiani, fuggiti al massacro vivono nelle foreste vicine, nel terrore, senza abiti, né cibo.
L’Orissa, uno stato del nord-est indiano, non è nuovo a queste ondate di persecuzione. Lo scorso dicembre, alla vigilia di Natale, l’organizzazione fondamentalista indù (Vishwa Hindu Parishad, Vhp) ha ucciso 3 persone, attaccato e distrutto 13 chiese e cappelle, ferendo e lasciando senza tetto un gran numero di cristiani sempre nel distretto di Kadhamal. A spingere le folle indù contro i cristiani vi era Swami Laxmanananda Saraswati, uno dei capi del Vhp.
Quest’ultimo sussulto di persecuzione è avvenuto proprio dopo la morte dello Swami ad opera di un gruppo terrorista maoista la sera del 23 agosto. Sebbene anche alla polizia fossero chiari gli autori dell’assassinio dello Swami, alcuni capi del Vhp hanno subito dato la colpa ai cristiani e durante le cerimonie funebri del guru migliaia di radicali indù hanno dato inizio al pogrom col grido “uccidete i cristiani! Distruggete le loro istituzioni!”.
L’accanirsi contro persone e strutture serve ad eliminare la missione dei cristiani. Tribali – spesso utilizzati come schiavi per i lavori agricoli – e Dalit, gli emarginati dalle caste, vedono nel cristianesimo una strada per migliorare la loro situazione, vedere affermati i loro diritti, trovare finalmente una dignità al loro essere uomini. In un certo senso, la persecuzione è la misura dell’efficacia della missione cristiana.
Nell’opporsi all’impegno dei cristiani, i fondamentalisti indù si oppongono anche all’induismo di Gandhi, che voleva per l’India un Paese laico, aperto a tutte le religioni, l’eliminazione delle caste e la dignità dei Dalit, da lui definiti “figli di Dio” (harijian).
Il Vhp, nel suo nazionalismo esclusivo, molto vicino al nazismo, vuole invece eliminare dall’India cristiani, musulmani, parsi. Insomma: distruggere la storia dell’India, da sempre luogo d’incontro e di integrazione fra culture e religioni.
Oltre alla “vergogna” dell’India, vi è anche una “vergogna” per l’Europa e per il mondo. Al di là di qualche sparuta voce – come quella del ministro italiano Frattini –  nessun governo ha osato dire qualcosa sui massacri dell’Orissa, domandandone la fine. Molte associazioni così pronte a difendere gruppi, minoranze, specie in estinzione, impegnati pacifisti hanno preferito tacere e anzi sospettare che dietro le accuse di proselitismo fatte dai radicali indù ci sia una qualche verità. Come hanno giustamente additato alcune personalità vaticane, vi è in Europa e nel mondo una specie di “cristianofobia” che cerca di scrollarsi di dosso, anche con la menzogna, l’eredità cristiana. Per questo, le notizie di persecuzione dei fedeli in Orissa, come in Cina o in Medio oriente, non interessano, anzi sono magari giustificate.
Questo rende ancora più importante il nostro servizio di informazione, la nostre preghiera e la nostra testimonianza, in India come in Europa. Anche l’invito dei vescovi italiani a una giornata di preghiera e digiuno per i cristiani dell’India – domani 5 settembre, memoria della beata Teresa di Calcutta – è parte di questo impegno per la verità e l’amore.
AsiaNews 04/09/2008