Nella Cdl domina il caso

Marco Bertoncini


Italia Oggi 12 luglio 2005



Costituito il governo Berlusconi III, svolti i ripetuti vertici, trovato (per quanto?) l’accordo per ricandidare l’attuale presidente nel 2006, sistemate (in malo modo) le polemiche interne di An, chiuso il congresso dell’Udc, si potrebbe pensare che la Cdl, assestata, percorra con una dosata razionalità e una ritrovata intesa interna il tortuoso cammino di qui alle politiche. Così proprio non è. Le recenti vicende parlamentari confermano la mancanza di strategia. Si vive come capita. Domina il caso. Manca una prospettiva di approvazione di poche leggi, ma indicative, che potrebbero segnare autentiche riforme e fornire quindi ai cittadini, sia pur in extremis, la sensazione di quella rivoluzione che gli elettori del 2001 avevano chiesto e che non hanno finora avuto, tant’è che puniscono i responsabili con l’astensionismo e, in piccola percentuale, anche col passaggio all’altro schieramento.


Le presenze stesse dei parlamentari sono limitate. Un governo che conta una novantina fra ministri, viceministri e sottosegretari contemporaneamente deputati e senatori è già minorato sul piano dell’assiduità alle camere; tuttavia, è francamente squallido leggere nei resoconti del senato, e in minor misura della camera, le raffiche di sospensioni delle sedute per mancanza di numero legale.



Più gravi sono gli impallinamenti, ormai considerati inevitabili e frutto della trascuratezza della maggioranza più che dell’accortezza dell’opposizione. La Cdl ha, sulla carta, una poderosa maggioranza alla camera e un robusto distacco al senato: tali numeri dovrebbero mettere al riparo da qualsiasi manovra. Ebbene, siamo certi che se l’opposizione volesse, per due settimane, impegnarsi con mirata organizzazione ad affossare la maggioranza, non avrebbe soverchia difficoltà. Già si sprecano gli articoli di legge passati con pochi voti di margine: una battaglia ben condotta dai parlamentari dell’Unione darebbe alquanto filo da torcere al governo.



L’assoluta ignoranza di una seria politica univoca si riverbera nel lavoro sia delle commissioni sia delle assemblee parlamentari. Berlusconi pensa forse che la sua coalizione possa recuperare il divario che la separa elettoralmente dal centro-sinistra approvando leggi come quella sul gozzo o mandando avanti provvedimenti come quelli sulla festa dei nonni o la riforma del condominio o la giornata dei bonificatori? Siamo allo sbando totale: si sprecano tempo ed energie per iniziative impopolari o assurde, inutili o folcloristiche. L’incertezza regna assoluta riguardo ai progetti che si dovrebbero approvare: manca una cabina di regia delle camere. Si continua a discettare della Casa dei moderati; ma i gruppi parlamentari della Cdl non sono mai stati riuniti collegialmente, come ha rilevato per fino un avversario del partito unitario, Teodoro Buontempo, e gli stessi collegamenti fra i capigruppo rivelano imperfezioni, buchi, incertezze.



Va da sé, poi, che si ritorcono sulla vita parlamentare l’indecisione dei ministri, i loro errori, i loro sbandamenti, i loro carenti rapporti con i presidenti delle commissioni di camera e senato.



E mai possibile che il ministro dell’economia continui in una dissennata politica di cedimento alle richieste dell’Anci, quando i comuni sono per due terzi in mano agli oppositori? II governo non ha alcunché da ricavare, ne in termini politici, né in prospettiva elettorale, dal blandire gli enti minori, regioni in primis: eppure, lungi dall’usare la voce grossa, si mostra prono. Siamo arrivati al punto che sempre l’ineffabile ministro dell’economia ha tessuto l’apologia di Keynes per la spesa pubblica. Si è scritto che abbia agito con una spruzzata d’ironia.



Sarà. Non sembra, però, che il suo odierno comportamento sollevi encomi nel vicepresidente del consiglio e suo ex ministro, Tremonti. A questo proposito, un governo serio e decisionista, dopo l’intervista appunto di Tremonti al Corriere della Sera in chiave anti-Siniscalco, avrebbe imposto dimissioni o dell’uno o dell’altro. Viceversa, tutto procede come prima. Cioè nell’equivoco. Ci si tiene bene stretti i sostenitori di spese facili, come il ministro Alemanno, assertore convinto di quello spreco continentale che è la politica agricola comune, a buon diritto sbeffeggiata da Blair con parole che hanno avuto, invece, la netta ripulsa del nostro titolare dell’agricoltura.



Nel frattempo, si apprende da un’accorata protesta del magistrato Carlo Nordio che da mesi il ministro della giustizia tiene nel cassetto la riforma di larga parte del codice penale, riforma peraltro


ora completata. In un secolo e mezzo di vita unitaria si contano due soli testi di codice penale; arrivare a disporne di un terzo non è faccenda di tutti i giorni, eppure il ministro Castelli glissa. All’evidenza, preferisce che proceda l’ultima legge che facilita la prescrizione, bollata come salva-Previti e palesemente produttrice di pura impopolarità. Il tutto all’insegna del più schizofrenico cammino, quello stesso che vede il partito unitario dato per imminente il martedì e irriso il mercoledì, le primarie del centro-destra ritenute inutili il giovedì e invocate il venerdì.



Nel frattempo, prosegue lo stillicidio degli abbandoni da parte di personaggi con un seguito piccolo o esteso: le pagine locali dei quotidiani del Lazio, della Campania, della Puglia, della Calabria, annunciano perfino in anticipo le fughe verso la Margherita o l’Udeur o i socialisti democratici. Che possibilità ha la Cdl di vincere le elezioni, in questo stato di caos quotidiano, in questo sbando permanente? Rebus sic stantibus, tutto resta affidato, stringi stringi, all’annunciato impegno finanziario di Berlusconi per una somma di centinaia di milioni di euro, una cifra da sola superiore ai debiti dei diessini, il che la dice lunga. Proprio questo promesso, immane sforzo di propaganda nei collegi incerti o ritenuti recuperabili è, al presente, l’unica carta in mano a F.I.e conseguentemente al centro-destra di sperare in un recupero in zona Cesarini.