Mons. Maggiolini, gli immigrati e il bene degli italiani…

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L’alibi buonista dei diritti senza doveri

La classe politica italiana dovrebbe capire che se vogliamo promuovere il bene degli immigrati, dobbiamo innanzitutto lavorare per il bene degli italiani…

di Mons. Alessandro Maggiolini,

Vescovo emerito di Como

Diritti. Ancora diritti. Sempre e soltanto diritti. Ma dove sono i doveri? Se si voleva dare lustro al buonismo italico, ci si è riusciti perfettamente. Il recente disegno di legge sull’immigrazione è una summa dei diritti che siamo impazienti di concedere, ma non vi è traccia dei doveri che dovremmo esigere in contraccambio a chi arriva in Italia per rendere migliori le proprie condizioni di vita. Hai un contratto di lavoro per sei mesi? Ti viene concessa la possibilità di un soggiorno per uno o due anni. E quando scade, questo permesso te lo rinnovano per due o quattro anni. Sei rimasto senza lavoro? Puoi permanere in Italia per almeno un anno usufruendo di tutti i diritti degli italiani. Ma chi paga? Entri in Italia clandestinamente, trasgredendo le leggi del tuo Paese e quelle italiane? Non aver paura: arrivi in modo illegale. Sarai accolto in un centro di accoglienza confortevole con il visto dell’Onu, delle Asl e di tutte le organizzazioni umanitarie. Dopo cinque anni di soggiorno in Italia, potrai accedere al diritto di voto che decide le sorti politiche delle nostre città; potrai votare e essere a tua volta votato. Agli immigrati non ci permettiamo di chiedere nulla, tutt’al più ci premuriamo di offrire loro dei corsi di lingua italiana e di conoscenza della Costituzione. Ma si tratta di un optional. Siamo aperti ad accogliere ugualmente bene, sia chi vi aderisce sia chi non li accetta. La Carta dei valori, della cittadinanza e dell’integrazione è una splendida enunciazione dei diritti dell’uomo universalmente riconosciuti. Peccato ci manchi il coraggio di chiedere che venga sottoscritta, in particolare per chi era stata originariamente elaborata.

Non ci siamo proprio. I disegni di legge finora presentati, riducono il ruolo del governo a quello di semplice agenzia di collocamento senza limiti. Possibile che la politica si riduca a distruggere ciò che ha fatto il precedente governo nel nome dell’interesse supremo degli italiani? Possibile che anche la sinistra riduca l’immigrato a forza lavoro, anziché considerarlo nella sua integralità di persona umana, la quale non deve essere discriminata e va trattata alla pari dei cittadini, vale a dire tenendo conto dei principi dei diritti e dei doveri fondamentali? Diciamo la verità: destra e sinistra sono finite nel tranello della faziosità partitica e del disinteresse del bene della collettività, perché è estremamente difficile in Italia stabilire il quadro dei valori fondamentali che danno consistenza all’identità nazionale.

La classe politica italiana dovrebbe capire che se vogliamo promuovere il bene degli immigrati, dobbiamo innanzitutto lavorare per il bene degli italiani. E visto che non possiamo costruire partendo da noi stessi perché ignoriamo chi siamo, in che cosa crediamo e la meta che dovremmo conseguire, finiamo per consegnare le nostre aspettative sugli altri. Così azzeriamo il nostro passato, relativizziamo il nostro presente, e mettiamo in forse tutto il nostro futuro.

Il Giornale n. 103 del 2007-05-03