Mons. Bagnasco per i 50 anni della firma dei Trattati di Roma

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L’intervento di mons. Angelo Bagnasco,
arcivescovo di Genova e presidente della Cei,
al Congresso Comece per i 50 anni dei Trattati di Roma


IL FINE ESCLUSIVO


«Interesse principale e fine esclusivo di ogni intervento della Chiesa cattolica, nonché suo spazio naturale di dialogo e di contributo, è la promozione e la tutela della dignità della persona e della sua centralità etica, la quale si esplicita in principi che non sono negoziabili perché espressione e contenuto stesso di tale dignità (Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al Convegno promosso dal PPE , 30 marzo 2006)»…

di Mons. Angelo Bagnasco
presidente della Conferenza Episcopale Italiana



Sono lieto di essere qui tra voi in occasione di una ricorrenza così importante come l’anniversario dei 50 anni della firma dei Trattati di Roma, con i quali si sono poste le solide fondamenta per lo sviluppo prima della Comunità e quindi dell’attuale Unione Europea.
Gli anniversari non rappresentano solo una ricorrenza celebrativa, ma anche un’occasione per riflettere su quanto rimane da fare in prospettiva futura.
Siamo tutti consapevoli che il processo di unificazione avviato con lungimiranza e coraggio dai padri fondatori, che ha conosciuto momenti di incertezza e di difficoltà insieme a slanci di forte entusiasmo, sollecita oggi una nuova assunzione di responsabilità e un rinnovato impegno comune.
L’Europa è chiamata a superare l’originaria vocazione economica per aprirsi a una più ampia dimensione anche politica e istituzionale. In questa prospettiva, se assumono sicuramente rilievo i problemi relativi al governo istituzionale dell’allargamento e alla conservazione dello stato sociale, appare egualmente necessaria la ricerca di valori condivisi, sul piano di una unità culturale e spirituale alimentata dal dialogo e del rispetto delle identità.
Perché il processo di integrazione avviato sia veramente fecondo occorre che l’Europa riconosca le proprie radici cristiane, dando spazio ai principi etici che costituiscono parte integrante e fondamentale del suo patrimonio spirituale, dal quale la modernità europea stessa attinge i propri valori. Consapevolezza delle proprie radici cristiane non significa in alcun modo negare le esigenze di una giusta e sana laicità – da non confondere con il laicismo ideologico – delle istituzioni europee, ma significa affermare prima di tutto un fatto storico che nessuno può seriamente contestare, perché il cristianesimo appartiene in modo radicale e determinante ai fondamenti dell’identità europea. Significa richiamare l’attenzione e la ragione sul fatto che il rifiuto del riferimento alle radici religiose dell’Europa, lungi dall’essere espressione di tolleranza – perché la vera tolleranza si fonda sulla libertà religiosa e non sul rifiuto delle religioni – è piuttosto espressione di una tendenza che vuole relegare la religione a fatto esclusivamente privato e soggettivo, elevando il relativismo etico a dogmatismo etico (in tal senso cfr. J. Ratzinger, Conferenza in occasione del premio S. Benedetto “per la promozione della vita e della famiglia in Europa” , Subiaco, 1 aprile 2005).
Nel processo di sviluppo dell’Unione europea appare necessario da un lato applicare con sempre maggiore coerenza il principio di sussidiarietà e dall’altro riconoscere il contributo peculiare delle Chiese e comunità religiose allo sviluppo della casa comune europea.
In particolare le Chiese, nel condividere l’impegno comune per valori essenziali quali la giustizia, la pace, la libertà, la solidarietà, la tutela dell’ambiente, riaffermano che questi valori non possono realizzarsi in modo autentico prescindendo dalla dimensione trascendente della persona e dal rispetto di norme che sono iscritte nella natura umana.
Interesse principale e fine esclusivo di ogni intervento della Chiesa cattolica, nonché suo spazio naturale di dialogo e di contributo, è la promozione e la tutela della dignità della persona e della sua centralità etica, la quale si esplicita in principi che non sono negoziabili perché espressione e contenuto stesso di tale dignità (Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al Convegno promosso dal PPE , 30 marzo 2006).
Da questa concezione e da tali principi derivano in special modo:
la tutela della vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale, resistendo a forme di aggressione e di minaccia talvolta mascherate sotto l’apparenza di un malinteso progresso scientifico e sociale: si pensi alla clonazione umana, alla manipolazione genetica, all’aborto, all’eutanasia;
il riconoscimento e la promozione della famiglia, come relazione fondamentale e naturale tra un uomo e una donna che si apre ai figli, e la sua difesa dai frequenti tentativi di relativizzarla, rendendola giuridicamente uguale o equivalente ad altre forme di unione;
la tutela del diritto dei genitori ad educare i propri figli;
il fondamentale diritto alla libertà religiosa, nella sua dimensione non solo individuale ma anche propriamente istituzionale.
Si tratta di principi comuni a tutta l’umanità. Come sottolineato dal Santo Padre Benedetto XVI, “l’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa. Al contrario, tale azione è tanto più necessaria quanto più questi principi vengono negati o mal compresi perché ciò costituisce un’offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia stessa” (Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al Convegno promosso dal PPE , 30 marzo 2006).


SIR