Megamoschea a Colonia:sodalizio tra Turchia e Ue

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LA SANTA SOFIA

Chi paventa l’invasione e chi denuncia i “razzisti”. Chi se la prende con l’islam e chi invoca la reciprocità. Il card. Joachim Meisner ha lucidamente affermato: «La libertà religiosa di cui godono i musulmani in Germania deve essere riconosciuta anche ai cristiani che vivono nei paesi dove la maggioranza è musulmana». A Ehrenfurt una sola cosa è certa. La megamoschea non avrà un parto naturale…

L’autorizzazione all’edificazione non c’è ancora e per l’eventuale modifica del piano regolatore bisognerà attendere novembre o dicembre. Adesso, perciò, a Colonia sembra essere tornata la tranquillità. Ma fino a settembre la questione della grande moschea del quartiere Ehrenfeld era più che mai bollente, anche perché focolai di protesta analoghi a quelli scoppiati nella zona ovest della città sono divampati contemporaneamente anche fra i tedeschi di Berlino, Monaco e altre città.
Sono circa 3.400.000 i musulmani in Germania e 2.600 i loro luoghi di preghiera. Le moschee di tipo classico sono 150, ma disseminate per tutto il paese ce ne sono almeno altre 100 in programma. Tra queste appunto quella, enorme, di Colonia, il cui progetto, firmato dall’architetto tedesco Paul Böhm, prevede una cupola alta 34,5 metri e due minareti di 55 metri ciascuno. Non a caso sono state proprio le dimensioni dell’edificio a creare i primi problemi ai residenti tedeschi di Ehrenfeld. Ma chi la vuole la grande moschea di Colonia? Promotrice e futura proprietaria è la Ditib (Unione turco-islamica per la promozione della religione), una realtà legata direttamente al governo di Ankara. Ancora più interessante, però, è sapere chi la pagherà. Il costo complessivo, infatti, sarà di ben 25 milioni di euro, alla cui copertura provvederà, affiancando l’autofinanziamento dei fedeli musulmani di Colonia, l’Unione Europea. Con la bellezza di 7,5 milioni. Tuttavia le proteste cresciute negli ultimi mesi e coordinate da Pro Köln (una libera associazione di cittadini) non hanno trovato sostegno fra i rappresentanti politici. Al contrario. In nome di una presunta minaccia alla libertà religiosa sono piovute forti critiche sui contestatori del progetto. Anche la Cdu, il partito del cancelliere Angela Merkel, ha preso le distanze.
E i contrari divennero “nazisti”
Tra le poche personalità che hanno deciso di appoggiare apertamente Pro Köln c’è l’ottantaquattrenne scrittore Ralph Giordano, che già l’11 maggio aveva sostenuto un acceso dibattito pubblico sulla questione insieme a Bekir Alboga, rappresentante della Ditib. Un dibattito che gli è costato molte minacce di morte e le critiche dei cristianodemocratici. Joseph Wirgen, della Cdu locale, si è sentito autorizzato a spostare la diatriba sul piano della «sfida tra democratici ed estremisti di destra». Con il risultato che ora i cittadini di Ehrenfeld, fallito il referendum consultivo (oltre 7 mila delle 23 mila firme raccolte sono state invalidate), non ci vanno più a manifestare per le strade di Colonia: hanno paura di uscire di casa con l’etichetta “estremista di destra” appiccicata addosso.
Di Ralph Giordano, ebreo-italiano-tedesco sopravvissuto ai campi di concentramento hitleriani, si può dire tutto ma non certo che sia accostabile ai nostalgici del nazionalsocialismo. Lo scrittore, comunque, avrebbe voluto pronunciare l’ennesima durissima arringa contro l’edificazione della grande moschea nel corso di una manifestazione che avrebbe dovuto tenersi a Colonia l’11 settembre scorso (non una data a caso, evidentemente). Ma per motivi di sicurezza la manifestazione non è stata autorizzata e Giordano ha deciso di pubblicare il proprio discorso sulla rivista Cicero, col titolo “Il problema non è la moschea ma l’islam”. L’intervento da un lato accusa i politici tedeschi di tacere il problema del rapporto tra la maggioranza cristiana e la minoranza musulmana (principalmente turca), dall’altro prende le difese delle centinaia di cittadini tedeschi che solo per aver espresso un’opinione si ritrovano accusati di essere neonazisti. «L’integrazione è fallita!», grida Giordano. Basta guardare i giovani turchi, oggi. Sono arrivati ormai alla terza generazione, eppure, nonostante tutti gli sforzi, «il 40 per cento di loro ha limitate conoscenze linguistiche del tedesco, non possiede un titolo di studio e dunque risulta confinato ai margini della società e del mondo del lavoro». Giordano attaccato i promotori della moschea, i turchi della Ditib («la grande moschea è una dichiarazione di guerra da parte di chi è nemico dell’integrazione»), e fa appello alle autorità di Colonia affinché trovino una soluzione almeno per le dimensioni della futura moschea.
Con altrettanta lucidità s’è levata la voce di Necla Kelek, sociologa tedesca di origine turca. «La moschea di Colonia non c’entra nulla con la libertà religiosa: è un’espressione politica dell’islam turco», ha dichiarato. «L’architettura parla come il chador. Il progetto richiama espressamente l’ex basilica di Santa Sofia di Istanbul, a suo tempo occupata e trasformata in moschea. Riproporre quel modello equivale a dire: ecco, siamo arrivati fin qui». La Kelek ha idee molto critiche anche sul concetto stesso di moschea: «La moschea non può essere posta sullo stesso piano di una chiesa o di una sinagoga. Nella moschea si insegna la sottomissione alla collettività, all’imam, non a Dio. Al suo interno si educano schiavi, non uomini».
L’augurio del cardinal Meisner
E la Chiesa cattolica, che a Colonia vanta un rappresentante come il cardinale Joachim Meisner, che cosa dice? Meisner non si trova certo in una situazione tranquilla. Di recente è stato violentemente attaccato per via di una dichiarazione, volutamente male interpretata dai media, sull’arte moderna (da lui definita «degenerata»). E ha anche dovuto sopportare le critiche dei sacerdoti della sua diocesi per aver descritto la nuova vetrata del duomo di Colonia, opera del famoso Gerhard Richter, «buona per una moschea». Nonostante tutto questo, Meisner ha avuto modo di pronunciarsi in un paio d’occasioni anche sulla grande moschea, e in entrambe l’ha fatto con lucidità. Il cardinale ritiene positivo che «lo Stato promuova la libertà religiosa, di cui anche i musulmani godono», tuttavia non ha rinunciato a invocare con vigore il principio della reciprocità, richiamandosi esplicitamente (fatto mai scontato tra gli ecclesiastici di Germania) a Benedetto XVI: «La libertà religiosa di cui godono i musulmani in Germania deve essere riconosciuta anche ai cristiani che vivono nei paesi dove la maggioranza è musulmana». Al cardinale è stato anche chiesto quali siano a suo parere i motivi della protesta da parte dei cittadini di Colonia. Meisner non ha avuto esitazione a rispondere che forse ci si chiede per quale motivo la Ditib, così efficace nel promuovere la costruzione della grande moschea di Colonia, invece «non dimostri alcun tipo di sostegno ai cristiani di Turchia, cui viene costantemente impedito di costruire chiese, anche di piccole dimensioni». I giochi, per ora, restano aperti.

di Punzi Vito
Tempi num.43 del 25/10/2007