La vera intercultura non cancella l’identità

Che bello portare i nostri bimbi a scuola… imparano tante cose… Meno male che c’è la scuola, ci sono le maestre che fanno sempre la loro bella figura… Già, la loro bella figura…..Udite, udite: oggi parliamo d’intercultura. Udite bambini, oggi vi parleremo di ciò che non è, così potrete tutti finalmente incontrarvi, bianchi e neri, rossi e gialli, v’incontrerete……su cosa? Cosa unisce?


(C) http://www.bologna.chiesacattolica.it/bo7/2004/2004_11_28/testi/61.php

Questa domanda vorremmo porla a quelle zelanti maestre di un Istituto comprensivo della provincia di Bologna che con l’ansia di aggregare i loro scolari e farli sentire tutti uguali, senza distinzione di razza né di religione hanno addirittura modificato un testo di una canzone eliminando la parola Dio, sostituendola con un’immagine assolutamente kitsch. Al posto della frase «Dio creò il mondo», le brave maestrine, con zelo iconoclasta, hanno inserito «l’uomo colorò il mondo». Brave, veramente brave….applausi prego! Forse non avete ancora capito che intercultura non significa abbandonare la propria cultura, rinunciare ad una specifica identità.

Prendo il vocabolario. Vado alla voce «cultura» e trovo testualmente: «cultura = complesso di cognizioni, tradizioni, procedimenti tecnici, tipi di comportamento e sim., trasmessi e usati sistematicamente, caratteristico di un dato gruppo sociale o di un popolo, o di un gruppo di popoli, o dell’intera umanità».


Cosa s’intende allora per intercultura? Mi metto nei panni di un genitore che vuole comprendere cosa impara il pargolo nei meandri della scuola finalmente riformata – chissà se poi lo è veramente nelle intenzioni degli insegnanti, di quelli che la scuola la fanno veramente – e mi accorgo, stando ai pettegolezzi emersi, che in questa scuola sta imparando a non nominare il nome di Dio. Per integrare mio figlio con un suo coetaneo che viene dal Marocco o dal Pakistan gli stanno insegnando a non nominare il nome di Dio. E la Cultura, quella con la «c» maiuscola? Da dove viene mio figlio, quale tradizione ha respirato, a quale popolo appartiene? E il suo amichetto del Marocco o del Pakistan? Da dove viene? Quale Cultura l’ha generato? Su quale terreno si potrà incontrare mio figlio con il suo amico? Ah già…. quello della laicità, sul terreno neutro del nulla che genera inevitabilmente indifferenza e razzismo.


Spero vivamente che i genitori tutti, cattolici e musulmani, possano ribellarsi a questo tipo di scuola che genera solo confusione, pitturata da belle immagini false come quella dell’uomo che colora il mondo, e scoprire che la vera intercultura si basa sulla conoscenza di sé e dell’altro, sulle proprie tradizioni e su quelle degli altri. Penso che l’educazione interculturale non abbia un proprio credo da proporre né, però, un agnosticismo da privilegiare. Ogni convivenza costruttiva comporta l’accettazione ed il rispetto dell’altro, della sua identità culturale, nella quotidiana ricerca del dialogo in una prospettiva di reciproco arricchimento. Questo, maestre, bisognava insegnare! Questo, genitori, dobbiamo pretendere sia sul piano educativo che su quello culturale. Questa è la scuola in cui io credo!


Giovanni Palmese
vice presidente
Centro culturale cattolico di Molinella,
Associazione famiglie per il Didaskaleion