La sinistra in Iraq ci va soltanto per fare affari

LE COOP… INTERESSATE ALLA RICOSTRUZIONE!
ROMA – Suona strano. Cioé, intendiamoci, mica è vietato. Eppure, quando leggi che tra le tante aziende che si sono presentate all’Ice, l’Istituto per il commercio estero del ministero delle Attività Produttive, per informarsi sulla possibilità di candidarsi per i contratti legati alla ricostruzione dell’Iraq…

…quando leggi che tra queste aziende c’è anche la Legacoop – sì, la Lega delle Cooperative, che qualcuno chiama anche “coop rosse”, forse perché ai vertici c’è sempre qualcuno proveniente da Pci o Pds o Ds, proprio come l’attuale presidente nazionale Giuliano Poletti, lui che l’anno scorso ha addirittura detto la sua subito dopo Fassino sul programma dell’Ulivo bè, fa un certo effetto. Cioè, tutta o quasi l’area politica a cui storicamente fai riferimento si è a suo tempo schierata contro la guerra in Iraq perché “nascondeva gli interessi di Bush e soci”.



E poi, appena è possibile, ti metti in fila per vedere se c’è da far su qualche soldo? Business is business, gli affari sono affari. Anche a sinistra, altroché. Il seminario promosso dall’Ice si è svolto a Roma giusto ieri mattina. Si è appunto parlato delle opportunità commerciali e di investimento nell’Iraq del dopo Saddam. Ma l’argomento centrale sono stati i cosiddetti “sub-contratti”, che rappresentano la porzione più sostanziosa dei bandi di gara per la ricostruzione del Paese, finanziati con 18,5 miliardi di dollari dal governo americano. Vediamo di capire: entro fine marzo dovrebbero essere assegnati i 17 bandi principali, riservati alle aziende che svolgeranno un ruolo di “manager” nei progetti di costruzione (un solo nome italiano tra i pretendenti: quello della Torno di Milano, in lizza in un bando per il trasporto iracheno da 325 milioni di dollari, e in un altro per l’energia da 500 milioni, sempre di dollari). Queste “aziende-manager” si serviranno poi, per portare a termine i progetti in questione, anche di altre imprese, cui affideranno parti del lavoro.



Dunque, per esempio, se una “azienda-manager” viene incaricata di costruire un’autostrada tra Bagdad e il confine con il Kuwait, poi magari sottoscrive un “sub-contratto” con un’altra impresa cui dà da fare i lampioni. Secondo il viceministro alle Attività Produttive Adolfo Urso, questi “subcontratti” partiranno entro la fine dell’estate. Le imprese italiane hanno in maggioranza deciso di concentrarsi su questi. E, come detto, nella lista di chi si sta informando su come entrare in partita in tutto sono circa duecento aziende – c’è anche il nome della Legacoop. Una vicenda, questa, che ben fotografa confusione e contraddizioni che caratterizzano la posizione del “fronte sinistro” sulla questione Iraq. Così, proprio mentre la diessina Gloria Buffo, parlando del voto parlamentare sul mantenimento della missione italiana a Nassiryia, dichiara che “essendo questa una guerra sbagliata, sbagliata è anche la missione e quindi non va sostenuta ma contrastata con un voto contrario, come sostenuto dai Ds in luglio”.



Mentre Fassino si annoda in un’intervista al Manifesto, dicendo che “presenteremo emendamenti che dicono un chiaro no al prolungamento della missione in Iraq”, ma aggiungendo poi che rinuncerà a votare perché altrimenti darebbe parere negativo anche su altre missioni che invece sostiene. Insomma, mentre a sinistra si litigava fino al delirio, la dottoressa Stefania Marcone – responsabile dell’ufficio relazioni internazionali della Legacoop – ascoltava interessata il viceministro Urso rimarcare come l’Iraq, nei prossimi mesi e nei prossimi anni, “avrà dei tassi di crescita notevoli a livello economico, produttivo e occupazionale”, sottolineando poi “il grande interesse manifestato dalle imprese italiane anche in questo seminario, dove hanno partecipato in oltre trecento” .



Un incontro, quello organizzato dall’Ice, al quale hanno partecipato anche il ministro del Commercio iracheno Ali Allawi e il responsabile dell’Autorità Provvisoria della Coalizione (Cpa) per le privatizzazioni e lo sviluppo del settore privato, Thomas C. Foley. E rientra in un programma molto più ampio, la cui prossima tappa è rappresentata dalla riunione programmata per il prossimo 19 marzo in Confindustria, che riunirà ancora le aziende italiane che aspirano ai contratti in Iraq. Ad aprile, poi, è previsto un meeting in collaborazione con il governo provvisorio dell’Iraq tra le imprese italiane e quelle irachene.



Peraltro, le opportunità per le imprese italiane sono aumentate dopo l’adozione da parte dell’Autorità Provvisoria della Coalizione dell’ordinanza n. 39 sugli investimenti esteri, che punta appunto a suscitare l’interesse degli investitori stranieri al rilancio dell’economia irachena soprattutto del settore privato, in passato considerato marginale. E basta un’occhiata alla lista di chi, tra i “marchi” italiani, si sta preparando alla gara, per comprendere come si tratti di un piatto che fa gola all’intero circuito economico e produttiva del nostro Paese: da Pirelli a Telecom, da Mediobanca al Monte dei Paschi, da Impregilo all’Ansaldo Breda. E tantissime altre. Compresa, appunto, la Legacoop. Alla faccia dei Correntoni.



ANDREA SCAGLIA


Libero 28 Febrraio2004