La famiglia e il programma dell’Unione

Così Prodi statalizza le famiglie


Se vince Prodi, le famiglie italiane cambieranno ragione sociale: succederà che lo Stato le terrà per mano, o più probabilmente le prenderà per il didietro…


di Renato Farina

Se vince Prodi, le famiglie italiane cambieranno ragione sociale. Avete in mente un’azienda polacca al tempo di Gomulka? Probabilmente no. Il fatto è che sto cercando di evitare la parola comunismo, ma è difficile. Insomma: succederà che lo Stato le terrà per mano, o più probabilmente le prenderà per il didietro. Da protagoniste sia pure maltrattate ma tendenzialmente libere, diverranno puro oggetto della politica governativa. Saranno assistite tale e quali le aziende decotte dell’Iri, compresi i pelati, che poi sono una specialità del Professore. Tra un momento spiego. Occorre l’antefatto. Il direttore Feltri mi aveva dato una consegna. Studiare che cosa ne verrà alle famiglie se vince la Casa delle libertà o se vince l’Unione. Il tutto basato sui programmi. «Una roba chiara. Paragrafi con titoletti, niente menate». Mi sono messo a fare il compito. Con l’aiuto del mio Virgilio personale (il costituzionalista Luca Antonini) ci ho dato dentro. Ma la scoperta di cui sopra è troppo grossa per farci un capitoletto. Ci vuole almeno un capitolotto. Lascio perdere la cosa che mi premerebbe di più, altrimenti Feltri mi licenzia. E cioè che nell’Unione che cosa sia la famiglia non è molto chiaro. Non ci si esprime sul sesso dei fondatori e neanche sul numero. Basti leggere ieri l’articolo di uno dei loro professori di riferimento, Stefano Rodotà su Repubblica. Il quale sostiene – scusa direttore, chiudo subito – che in base ai trattati sottoscritti dall’Italia «la famiglia non può essere interpretata in modo restrittivo: il matrimonio tradizionale e le altre forme di unione sono posti sullo stesso piano». Finish. Torniamo alla questione programmatica.


I BONUS PER I FIGLI. L’Unione promette un assegno di 2.500 euro all’anno fino alla maggiore età e 3mila asili pubblici. La Casa delle libertà prevede un bonus una tantum di mille euro e l’introduzione del quoziente familiare. Messa così la vince Prodi. Contante, bigliettoni, più servizi sociali. Che si vuole di più dalla vita? La parola quoziente ricorda le divisioni alle elementari che non venivano mai. Prodi gongola: noi diamo un sostegno duraturo, praticamente perenne, oltre che servizi sociali diretti. Fermiamoci sui bonus, e la loro differente filosofia. Il bonus berlusconiano è pensato per favorire la natalità. Del resto è già inserito nella Finanziaria 2006: sono 1.000 euro per ogni figlio nato o adottato. Per entrarne in possesso bisogna avere un reddito lordo complessivo non superiore ai 50mila euro.


LA SCELTA DELLA SCUOLA. La Cdl propone anche la creazione di un libretto di risparmio vincolato per ogni nuovo nato per aiutare i nuclei più poveri nelle spese per gli studi. Un sostegno che dovrebbe consentire anche una vera libertà di scelta educativa tra la scuola statale e quella libera (una volta si diceva “privata”). Ecco una parola chiave che poi torna: libertà di decidere. Povere o ricche, ma padrone di scegliere come spendere, e dove poter far studiare i figli, che possano avere pari condizioni di partenza almeno a livello di educazione. Nell’Unione, questo non c’è. Il problema non è posto. Viva la scuola statale.


ASILI. Per i figli più piccoli, la Cdl vuole proseguire le politiche dell’attuale legislatura: il piano di investimenti in asili aziendali e sociali, attraverso la detassazione e i fondi pubblici. Invece Unione: asili statali, comunali.


QUOZIENTE FAMILIARE. La proposta fondamentale e rivoluzionaria della Casa delle libertà è l’introduzione del quoziente familiare. Cambia il modo di calcolare le tasse. L’Italia è oggi uno dei pochi Paesi europei dove se uno ha figli, per il sistema fiscale è come non li avesse o quasi. Il quoziente familiare (utilizzato in Francia) è un criterio di tassazione per cui il reddito imponibile è diviso per il numero dei componenti così da abbattere il tetto e la relativa aliquota. Visco, il famoso ministro ulivista si è lamentato: «Aumenta così la convenienza a stare a casa per uno dei due coniugi». E allora? Dov’è l’orrore di stare coi figli? Marito e moglie possono decidere da soli, o c’è bisogno di uno governo che li induca a star fuori di casa, che poi i figli li educa lo Stato. Sono proprio due idee diverse di famiglia.


L’ASSEGNO DELLA SINISTRA. Questo è il capitoletto, come minacciato all’inizio. Prodi e Visco cosa propongono? «Al posto degli attuali assegni e delle attuali deduzioni sarà organizzato un unico trasferimento»; si tratta di un “assegnone” o, come lo definisce il programma, di un “Assegno per il sostegno delle responsabilità familiari” (v. p. 177). Cosa vuol dire? Prodi cancellerà la deduzione di 3.450 euro per ogni figlio, più altre misure che riducono le imposte (detrazioni per spese dell’asilo nido, per la badante in caso di persone non autosufficienti, ecc.). Tutto abolito in cambio dell’Assegnone. Cioè il fisco tasserà gli italiani come se i soldi che hanno speso per mantenere, vestire, educare i figli li avessero ancora in tasca. Cioè il fisco non distinguerà più tra i soldi spesi al casinò, per comperare una Ferrari e quelli spesi per mantenere i figli. Un operaio con prole (proletario…) che fa fatica ad arrivare a fine mese verrà comunque tassato da Prodi e dovrà pagare l’imposta sul reddito. Oggi grazie a deduzioni e no tax area ci sono oltre 10 milioni di signori Rossi esentati dall’imposta sul reddito. Con Mortadella torneranno a pagare. Quindi: prima lo Stato tasserà tutti, ricchi e poveri, anche dove non c’è capacità contributiva ( in violazione dell’articolo 53 della Costituzione: principio di capacità contributiva) e poi restituirà l’Assegnone. Uno sforzo che ha la sua convenienza per Prodi & C: comanderanno a casa nostra. Faranno l’esame dei nostri bisogni e sceglieranno loro come rispondervi. Io, padre di famiglia, divento oggetto di una specie di beneficenza in soldi e natura. Lo Stato allarga il suo potere sul bilancio economico ma anche su quello morale delle famiglie: tipo socialismo reale. Ma non è più razionale, come accade oggi, lasciargli i soldi in tasca, con deduzioni e no tax area, evitando di tassare dove non c’è grana? Oltretutto, se poi devi restituire l’Assegnone, il conto non è a costo zero. Ci vuole una macchina burocratica per gestire l’ambaradan. Soprattutto: la persona che avrebbe avuto risorse proprie – se il fisco gliele avesse lasciate – è stata trasformata in un assistito. La formula Prodi si può sintetizzare così: trasformare i 38 milioni di contribuenti, con relative famiglie, in assistiti.


BERLINO. Il professor Antonini mi dice: in Germania il programma di Prodi sarebbe fuorilegge. Ci sono sentenze della Corte costituzionale tedesca che ne fanno uno dei Paesi più avanzati per il sostegno alla famiglia. Per il famoso giudice di Berlino il reddito deve essere tutelato come strumento per la libertà personale, e il risparmio fiscale viene prima dell’assistenza sociale. È incongruente «che lo Stato privi i cittadini, tramite il fisco, dei mezzi necessari al sostentamento per ridistribuire successivamente tali mezzi sotto forma di assegni familiari». Vi risparmio la sentenza, ma stabilisce un principio liberale, in piena sintonia con la dottrina sociale cristiana. È quello della sussidiarietà. Lo Stato intervenga dove proprio è indispensabile, non tolga con la scusa che poi restituisce. La persona e la famiglia non possono essere in balia della benevolenza o della balordaggine governativa. Infatti l’aiuto statale non comunica lo stesso grado di libertà individuale delle risorse autonomamente guadagnate (e nella disponibilità di libera spesa). Sembra quasi che i giudici tedeschi abbiano letto prima il programma di Prodi. Meglio la Cdl, le sue deduzioni, no tax area e il quoziente familiare – voluto specie da Udc e Lega – che già esiste in molti altri Paesi. Semplicissimo. A parità di reddito famiglie con un numero maggiore di figli possono sfruttare un’aliquota impositiva minore. Meglio la famiglia come impresa libera che la sua trasformazione in azienda a partecipazione statale. Non sono mica pelati, i figli.


Libero 2 aprile 06