La dittatura del ”gender” contro la differenza ontologica tra uomo e donna

Maschi e femmine si nasce, uomini e donne si diventa

La “riclassificazione” di uomini e donne in 5 o più “generi” legati all’orientamento sessuale, anzichè alla binaria differenza sessuale tra maschi e femmine, risale ai rapporti Kinsey e rappresenta una delle radici culturali più pervasive della ideologia di genere.
Secondo il pensiero “gender” non esiste il sesso inteso come differenza ontologica tra uomo e donna. Il genere sessuale (derivato dal desiderio, dall’orientamento sessuale) sarebbe da ascrivere alla cultura e perciò esito opzionabile, da ignorare o da abbattere (femminismo di genere secondo Judith Butler, ma anche teorici dell’omosessualismo marcusiano come Mario Mieli).
La caratterizzazione in generi in cui l’orientamento sessuale rappresenta la chiave di volta per “classificare” la presunta identità della persona, opera in ambito medico e culturale una discutibile cesura a partire dall’attrazione sessuale (orientamento) che viene quindi ad essere arbitrariamente “ontologizzata”. Essendo l’orientamento pulsionale variegato e talvolta francamente patologico, come nel caso della pedofilia (quindi plastico e modificabile, soggetto all’esercizio della libertà e della volontà) e non istintuale-naturale (predeterminato ed ereditario, rigido e ripetitivo), la richiesta di inserire l’orientamento tra i “diritti fondamentali da rispettare” non rispetta quei criteri di ragionevole oggettività e stabilità nei quali, invece, è inquadrabile e “scienti*****” la suddivisione nei generi maschile e femminile, perché basata su dati oggettivabili (genetici, biologici, endocrinologici, morfologici) oltre che psicologici.

Nel DSM IV il persistente disturbo rispetto al proprio orientamento sessuale (compreso quello omosessuale, percepito dal soggetto come indesiderato) è ancora presente come patologia nosograficamente codificata, anche dopo che l’omosessualità è stata stralciata per porre fine, appunto, a discriminazioni e penalizzazioni.

L’esperienza clinica d’altra parte mostra che rispetto all’orientamento sessuale non esistono compartimenti stagni, ma che anzi sono evidenti sovrapposizioni e uno spettro di possibilità molto complessi. La “fluidità” dell’orientamento raggiunge estremismi valutativi coagulati nella prospettiva “queer” che cadono nel surreale: in uno studio volto ad esaminare quanti eterosessuali sarebbero in realtà ex-omosessuali, si arriva a proporre la terminologia “omnisessuale” al posto di omosessuale, vista la “sorprendente” frequenza (1-2%) di questa variante (Cameron et al. 2002, Psychol Rep- 91: 1087-97). Questo per non voler riconoscere nell’identità sessuata una progettualità donata che si estrinseca nella relazione: maschi e femmine si nasce, uomini e donne armoniosamente orientati nel senso della differenza si diventa.

La differenza allora non è disuguaglianza da abbattere, ma è finalizzata al dono di sè, oggettivabile fino all’evidenza della fecondità rispetto alla possibilità di trasmissione della vita.

Nell’ottica dello smascheramento dell’ideologia “gender”, rischiosamente pervasiva in senso legislativo (e di riflesso, culturale e sociale) va letto l’intervento ecclesiale di indisponibilità ad equiparare, ontologizzandoli, i diversi “orientamenti sessuali” identificati come generi, tentativo inserito nell’ambito di una proposta assolutamente condivisibile di “depenalizzazione dell’omosessualità”.
In un’ottica di aderenza alla realtà, non esiste né l’omosessualità o l’eterosessualità come essenza, ma uomini e donne in cui l’orientamento del desiderio non risponde ad una presunta “essenza” della persona da tutelare come diritto di genere.

E’ importante richiamare la posizione, aderente al reale, della Chiesa Cattolica rispetto all’omosessualità (catechismo): accoglienza, rispetto e delicatezza per ogni persona, rifiuto di ogni ingiusta discriminazione a fronte di un orientamento omosessuale talvolta profondamente radicato (non innato, proprio perché modificabile); la tendenza omosessuale, pur essendo intrinsecamente disordinata, non quali***** una presunta “diversità” rispetto alla differenza ontologica fondamentale, essere uomini e donne, “a immagine e somiglianza di Dio”, alterità vera per una vera relazione.

Chiara Atzori, Medicina e persona, 5 dicembre 2008