La cultura del socialismo diffuso: parla il Cardinale di Genova

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di Marco Politi, ROMA – Nei venti mesi, da quando impugna il pastorale per guidare il suo gregge cattolico a Genova, il cardinale Tarcisio Bertone – ex segretario del Sant’Uffizio – è stato un vulcano di iniziative. Ha creato un gruppo di studio per allenare una nuova équipe di esorcisti, ha istituito un corso per i confessori, ha convocato i giovani diciotteni e ha varato il suo programma triennale. Nel frattempo non è si è tirato indietro di fronte ad eventi di attualità. Si trattasse di aiutare aziende locali in difficoltà, istituire cappellani all’università o di smentire il miracolo presunto del volto di Padre Pio sulla statua del Cristo degli abissi – «Non è un evento sovrannaturale», ha decretato – o infine della proposta di erigere un cippo alla memoria di Carlo Giuliani, il giovane ucciso nel 2001 durante il G8.

Sua eminenza non tace nemmeno dinanzi alla temperie politica attuale. «L’uomo politico non può relegare la sua fede nel privato», ha scandito giorni fa ad un convegno di aggiornamento pastorale. Al contrario, ha insistito, i politici «dovrebbero chiedersi cosa hanno fatto o cosa hanno trascurato di ciò che poteva contribuire ad eliminare o perlomeno ad attenuare» certe situazioni.

Quando gli ho chiesto se nell’Italia di oggi si registrasse un deficit di pubblica moralità, ha risposto senza esitare: «Un deficit di etica e anche di senso del bene comune». Obiettivo urgente? «Educare alla socialità, all’autosuperamento dei propri egoismi, specialmente per superare il rifiuto dei giovani che non vogliono fare politica, mentre sappiamo che la politica, come diceva Paolo VI, è la forma pià alta della carità cristiana e della carità sociale».

Evangelizzare nell’Italia che cambia esige da un vescovo la capacità di muoversi a tutto campo. Intanto, mi spiega il porporato, va rilanciata la confessione. «C’è il problema – dice – dei contenuti della confessione. Rispetto a dieci, venti, trenta anni fa le questioni sono in evoluzione. Pensiamo ai problemi delle biotecnologie, della bioetica o all’evoluzione purtroppo della famiglia. Ci sono molte coppie in situazione irregolare e allora il sacerdote, che voglia fare da guida spirituale, deve essere anzitutto un buon accogliente».


Cardinale Bertone, cosa riscontrano i preti d’oggi nella confessione?

«Una domanda di aiuto ma anche l’esistenza di un problema di incomunicabilità che investe le categorie più disparate, da quelle più povere anche intellettualmente a quelle più evolute».

Qual è a Genova lo stato della pratica religiosa?

«C’è un calo di frequenza. Anni fa un sondaggio parlava del 25-30 per cento. Ora credo sia calata sotto il 20 per cento. Però ci sono comunità, associazioni, gruppi giovanili molto attivi».

Quali sono le difficoltà maggiori per la comunità cristiana nella situazione attuale?

«Anzitutto la povertà dei mezzi di comunicazione. Perché noi abbiamo la parola, la predicazione, gli incontri con varie categorie ma sui giornali, la radio, Internet e la televisione il nostro spazio di intervento e di presentazione dell’annuncio cristiano è limitato».

C’è il settimanale diocesano.

«Venderà tre-quattromila copie, sto cercando di aumentarne la diffusione, accetto anche di intervenire sulle tv locali, però i nostri canali di comunicazione restano molto scarsi».

Mentre i mass media.

«Presentano un’altra visione della vita rispetto al progetto cristiano. E qui sta la seconda difficoltà. Assistiamo allo scardinamento dei criteri morali di comportamento. La società di oggi presenta una morale cristiana molto individualistica, nel senso che ognuno si costruisce il comportamento che gli pare utile, opportuno e giusto in quel determinato momento».

La morale-fai-da-te, che la Chiesa teme tanto?

«E’ una difficoltà molto grande. Riscontriamo spesso uno scollamento tra la domanda di sacramenti e la pratica del progetto morale cristiano».

Gli altri ostacoli da affrontare?

«La scarsità delle vocazioni. Abbiamo un clero molto anziano e anche molto generoso. Io ho persino parroci di novantun anni ancora sulla breccia. Però è chiaro che i ministri dovrebbero moltiplicarsi nelle varie aree e situazioni. Non abbiamo persone sufficienti, anche se c’è un movimento laicale vivace».

Con il clero invecchiato si riescono a coprire tutte le parrocchie?

«Grosso modo mancano preti per un terzo delle parrocchie. Di fatto molti sacerdoti hanno più di una parrocchia. Due sacerdoti seguono otto parrocchie e uno anche quattro. Questa è la situazione. E dobbiamo essere sinceri: quando manca un sacerdote in una comunità parrocchiale c’è un affievolimento della fede. E’ inevitabile».

Come pensate di rimediare?

«Stiamo facendo una promozione vocazionale che dà i suoi frutti. Ora in seminario abbiamo ventidue studenti di teologia, molto seri, alcuni già laureati, persone solide. E poi abbiamo un certo numero di diaconi permanenti, che certo non possono supplire il sacerdote ma che in qualche modo riuniscono la comunità e lavorano bene in diversi settori, ad esempio per l’azione caritativa o le iniziative nel mondo del lavoro».

Gli italiani si dicono cattolici e al tempo stesso la società è molto secolarizzata. Con quale idea-forza pensate di affrontarla?

«Annunciare la parola di Dio nella sua integralità e nelle sua esigenza radicale».

Immuni da timori?

«Annunciando senza paura il progetto morale cristiano, perché è vincente nonostante lo sfaldamento morale della società. Non dobbiamo avere paura di proporre ai giovani mete alte. Come sottolinea il Papa, dobbiamo proporre il profilo alto della santità cristiana».

Senza aggiornamenti?

«Senza amputare la verità cristiana per venire incontro alle debolezze dell’umanità di oggi».

Quindi non va rivista tutta la tematica dei rapporti: relazioni pre-matrimoniali, unioni di fatto, divorzio, contraccezione?

«Non credo sia un’arma vincente».

Eppure negli anni Ottanta il Sinodo dei vescovi ha chiesto di esaminare la disciplina di un possibile secondo matrimonio come avviene presso gli Ortodossi.

«A suo tempo il segretario della Congregazione per la dottrina della Fede.»

Cioè lei.

«. ha fatto uno studio approfondito e ci fu in Vaticano una riunione plenaria con i cardinali e vescovi membri della congregazione. Si concluse purtroppo che sono percorsi che non si possono ripetere».

Perché?

«In varie Chiese orientali c’è ormai uno sfaldamento della stabilità del matrimonio. Dalla prima causa (di scioglimento del vincolo matrimoniale, ndr) che era l’adulterio si è arrivati a due, tre motivi e fino a trentadue cause di sciglimento per la concessione di nuove nozze. Questo distrugge la parola di Cristo sull’indissolubilità matrimoniale e la Chiesa cattolica non si sente di percorrere questa via».



per gent. conc. di Marco Politi
(C) La Repubblica, 13-7-2004