L’Umbria approva lo Statuto delle ambiguità

La carta regionale apre alle «convivenze».
L’arcivescovo Chiaretti conferma la delusione
Da Roma Pier Luigi Fornari.

Anche l’Umbria ha approvato il suo statuto in seconda lettura. Il varo della “costituzione” regionale è avvenuto giovedì sera a maggioranza: a favore Ds, Sdi, Margherita, An e due consiglieri di Fi (il terzo si è astenuto, come quello dell’Udc); contro Prc, Idv e Carlo Ripa di Meana.
Il voto in prima lettura del 2 aprile scorso aveva registrato le stesse posizioni.


Non convincono varie formulazioni della carta fondamentale della Regione, che non menziona le «radici cristiane», ma la Resistenza e il valore del Risorgimento, e si impegna a difesa dell’«orientamento sessuale».
Anche perché varie interpretazioni tendono a leggere la tutela delle convivenze sostenuta nell’articolo 9 (sulla comunità familiare), come un’apertura alle unioni gay.
Insomma, le speranze che la “limatura tecnica” finale del testo riuscisse a limitare il danno, purtroppo è andata delusa.


«L’aggiustamento finale è solo un palliativo – osserva l’arcivescovo di Perugia, monsignor Giuseppe Chiaretti – perché non elimina l’equivoca accettazione anche di altre forme di convivenza. Nonostante il tentativo fatto da più persone, il danno è stato limitato solo marginalmente. Rimane l’ambiguità dell’articolo 9 perché oltre alla famiglia fondata sul matrimonio si allarga la tutela a forme di convivenza, che pretendono i diritti della famiglia, ma non vogliono qualificarsi come tali».


Sono dunque rimaste inascoltate le numerose prese di posizioni pubbliche, anche quelle di giuristi.
«Esprimo rammarico, – aggiunge l’arcivescovo – per il fatto che non sono stati affermati i diritti-doveri per loro natura universali, ma piuttosto i desideri, le pretese, le piccole ideologie di parte, mentre la famiglia, che è un’istituzione naturale, precedente allo Stato, non può essere in nessun modo umiliata, perché il danno per la società è e sarebbe irreparabile».
Lo Statuto, così, più che essere testo giuridico si trasforma in una sorta di registrazione sociologica di pretese lontane dalla realtà.
A questo punto, aggiunge il presule, «urge un grande lavoro di coscientizzazione».


A proposito dell’omissione delle radici cristiane, monsignor Chiaretti si sorprende «per la grande incultura dimostrata con l’omissione di un dato caratteristico di questa piccola Regione: personalità della statura di Benedetto, patrono d’Europa, e di Francesco, patrono d’Italia, per le quali soltanto l’Umbria è conosciuta in tutto il mondo. Il riferimento ad un generico “patrimonio religioso”, valido per qualsiasi Paese del mondo, non basta a caratterizzare questa identità».


Avvenire, 31-7-2004