L’Europa sentenzia: non licet esse christianos

Il caso Buttiglione è solo l’ultimo della serie: in Europa ormai esiste una nuova religione laicista, con la sua inquisizione e suoi sacerdoti, che vuole distruggere il cristianesimo.
di Giacomo Samek Lodovici
In corso di pubblicazione per il Timone, n. 38, dicembre 2004: http://timone.totustuus.info/

Non licet esse christianos (non è lecito essere cristiani): il divieto di Nerone è di nuovo di drammatica e stringente attualità in questa Europa che rischia di precipitare nel baratro del fondamentalismo laicista, che nel nome dell’individualismo libertario falcidia le manifestazioni di dissenso. È vero che si può ancora (ma fino a quando?) vivere in modo cristiano; però, se fino a poco tempo fa proliferavano le legislazioni anticristiane (aborto, divorzio, matrimonio omosessuale, ecc.), ma era almeno possibile proclamare il messaggio cristiano, ormai questo sta diventando vietato. Esagerazioni? Vediamo alcuni fatti.
Dall’epoca della Conferenza del Cairo del 1994 è in atto un tentativo di togliere alla Santa Sede il ruolo di osservatore all’ONU.


Nel giugno del 2003 il Pontificio Consiglio per la Famiglia è stato denunciato, per aver pubblicato il Lexicon. Termini discussi su famiglia, vita e questioni bioetiche (preziosissimo testo delle EDB), in cui è riportata e motivata (sia alla luce dei testi magisteriali, sia mediante la sola ragione) la riprovazione dell’omosessualità.
Nella scorsa primavera è divenuto definitivo il rifiuto di menzionare le radici cristiane nella Costituzione europea.
Il 29 giugno scorso (lo ha riportato l’agenzia Corrispondenza Romana) il pastore protestante Ake Green è stato condannato in Svezia ad un mese di carcere per aver criticato, citando la Bibbia, il cosiddetto «matrimonio omosessuale», durante il suo sermone domenicale.
In Francia, in applicazione alla legge francese sui simboli religiosi, il sacerdote cattolico padre Galand, che da anni esercitava il suo ministero pastorale presso un liceo di Tolone, è stato recentemente respinto dall’istituto perché indossava l’abito talare.
In Germania il tribunale amministrativo del Baden Wüttemberg ha stabilito che il velo delle suore e l’abito dei sacerdoti contrasta con un analogo divieto contro i simboli religiosi.
Il parlamento di Strasburgo ha bocciato la candidatura del cattolico Rocco Buttiglione, che aveva esposto la sua deplorazione morale dell’omosessualità e del matrimonio omosessuale.
Su quest’ultimo fatto bisogna chiarire qualche particolare. Che cosa ha detto Buttiglione? Ecco le sue parole: «Molte cose che non sono perseguite dalla legge possono essere considerate immorali. Io posso pensare [«I may think», ha detto in inglese Buttiglione, vale a dire: «ho il diritto di pensare che»] che l’omosessualità sia un peccato, ma non un delitto penale. Lo Stato non ha il diritto di intromettersi in questo campo». Forse il termine peccato non è stato dei più appropriati, perché, pur essendo usato già dai latini, per es. da Cicerone, per designare un atto moralmente riprovevole, che la ragione (senza bisogno di far riferimento a qualsivoglia fede) giudica sbagliato, tuttavia viene spesso interpretato come un termine appartenente solo al lessico religioso. Dunque questo termine può far pensare che l’omosessualità sia immorale solo per la fede, quando invece lo è anche già per la ragione (per es., per il greco Aristotele, tre secoli prima del cristianesimo, «fare all’amore tra maschi» rientra tra i «comportamenti bestiali», Etica Nicomachea 1148 24-30). Ma anche se l’omosessualità fosse sbagliata solo per la fede e non anche per la ragione, il seguito del discorso di Buttiglione è ineccepibile, è una lezione di liberalismo e laicità. Infatti la laicità, cosa diversa dal laicismo, è la tesi della differenza tra legge religiosa e legge politica e l’ha inventata il cristianesimo (date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio). Essa significa che la legge politica non deve proibire tutto ciò che è proibito dalla legge religiosa, ma solo proibire gli atti che ledono direttamente il bene comune (per es., furto, calunnia, frode, omicidio, ecc.) e che coincidono con alcuni degli atti proibiti anche dalla legge religiosa e dalla legge naturale. In questo senso Buttiglione ha dato una lezione di laicità, perché ha chiarito nitidamente che l’ambito della religione e quello della morale sono distinti da quello del diritto e della politica e dunque un atto come l’omosessualità, pur essendo moralmente sbagliato, non dev’essere impedito per legge (come in vari paesi comunisti e islamici, o durante il nazismo ecc.). Ha dato una lezione di laicità ma anche di liberalismo, perché la distinzione tra morale e diritto è un riconoscimento del valore e del pregio della libertà umana, che non può essere coartata giuridicamente salvo, come ho detto, quando danneggia il bene comune: «credo nella libertà, – ha detto Buttiglione – che significa non imporre agli altri quel che uno considera giusto». Insomma, come recita l’appello del quotidiano Il Foglio, del laico Giuliano Ferrara, «il processo alla coscienza di Buttiglione è contrario ad una visione laica e liberale delle istituzioni».


L’affaire Buttiglione ha palesato chiaramente ciò che dicevo all’inizio e che gli altri esempi confermano: ricordare ciò che dice il cristianesimo e proclamarlo, o semplicemente ricordare l’esistenza del cristianesimo (come nel caso della proibizione dell’abito talare e dell’omissione delle radici cristiane) in Europa è spesso proibito.  Come ha scritto il laico Paolo Mieli, Buttiglione è stato «ostracizzato per aver detto liberamente quello che pensa».
Inoltre è chiaro, come ha scritto un altro laico, come Ernesto Galli della Loggia, che «d’ora in poi chiunque aderisce al cattolicesimo e lo manifesta senza reticenza non è idoneo a ricoprire incarichi al vertice dell’Unione». Il presidente del parlamento europeo Borrel lo ha detto esplicitamente: «non vorrei avere un ministro della giustizia che ritiene l’omosessualità un peccato. Per me sono parole scioccanti». Appunto, a scioccare bastano già le parole, parole che, su questo tema, un cattolico non può non dire.


È evidente, come ha detto il non credente Marcello Pera, che «un pregiudizio anti-cristiano […] è oggettivamente molto diffuso in Europa». Così, si può manifestare al gay pride, spesso in modo volgare e blasfemo, irridendo i cristiani e mettendo in scena parodie dei riti religiosi, ma non si può parlare male dell’omosessualità, dell’aborto, del sacrificio eugenetico degli embrioni, ecc., altrimenti i sacerdoti dell’individualismo libertario gridano alla bestemmia e si stracciano le vesti.  Insomma, il laicismo è una nuova religione, che, come ha detto il cardinal Martino, è espressione di potentissime «lobbies», di  «nuove sante inquisizioni piene di soldi e arroganza». È una religione che proclama il primato del principio del piacere, che afferma il diritto a trattare gli altri come mezzi per il proprio godimento, e quindi riversa la propria intolleranza verso chi vi si oppone, come fa il cristianesimo.


Le riflessioni precedenti non sono esagerazioni, purtroppo. Le confermano in larga misura le considerazioni non solo di eminenti presuli (le riporto nel box di questo articolo), come i cardinali Martino ed Herranz, ma anche, come abbiamo visto, di intellettuali non cristiani. Ma questa nuova religione, che si sbarazza del Dio cristiano, porta (l’ho spiegato sul Timone n. 33, pp. 48-49) dritto verso la morte dell’uomo, come aveva compreso nel XX sec. un filosofo e psicologo non credente come Foucault: «la morte di Dio e l’ultimo uomo sono strettamente legati […] l’uomo scomparirà […]  nella scia di tale morte e in una correlazione profonda con essa».


Ricorda
«…potenti lobbies culturali, economiche e politiche, mosse prevalentemente dal pregiudizio verso tutto quello che è cristiano […] promuovono tenacemente la confusione dei ruoli nell’identità di genere, sbeffeggiano il matrimonio tra l’uomo e la donna, sparano addosso alla vita
». 
«A finire sul banco degli imputati di queste lobbies – nuove sante inquisizioni piene di soldi e arroganza – è soprattutto la Chiesa cattolica e i cristiani verso i quali ogni metodo è lecito se serve a zittirne la voce: dall’intimidazione al disprezzo pubblico, dalla discriminazione culturale all’emarginazione».
[Cardinal Renato Martino, Corriere della sera, 19 ottobre 2004, p. 9]


«Temo che ci troviamo di fronte a un’ondata di fondamentalismo laicista […] il tentativo di fare del laicismo – non della laicità – una religione di Stato. Con il rischio di instaurare una forma di totalitarismo laico. […] quando viene vilmente attaccata una sinagoga, la stampa insorge e si indigna. E fa molto bene a indignarsi. Purtroppo però, se a Bagdad bruciano cinque chiese, questo è un fatto di cronaca che non suscita particolare interesse. Sembra che contro la Chiesa si possa infierire senza problemi»
[Intervista rilasciata dal cardinal Herranz ad Andrea Tornielli su Il Giornale, 19 ottobre 2004, p. 3].