Italia: o Stato cattolico o Stato islamico

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Giuristi del garantismo a senso unico ed ecumenici teologi non ne saranno turbati, ma la cosa è uno di quei segni dei tempi gravidi di conseguenze: con la denuncia a Roberto Calderoli per “vilipendio della religione”, l’islam fa valere la sua nuova dignità di confessione “accettata” dallo Stato italiano ed è legittimato ad ottenere tutele, diritti e garanzie che spettavano alla fede cattolica.

Chi ha guadagnato lo status di “Chiesa” alla litigiosa e multiforme accozzaglia che si ispira al verbo di Maometto? Sicuramente una mano decisiva gliel’ha data Beppe Pisanu che, con la sua Consulta islamica, è riuscito nel miracolo di portare attorno a un tavolo persone che tra di loro dimostrano quasi la stessa simpatia provata per i cristiani. Il ministro dell’Interno ha così contribuito a formalizzare la presenza mussulmana in Italia, attribuendo all’islam un riconoscimento dalle valenze anche e soprattutto giuridiche. Quella politica titubante e ritrosa, che per qualificare le radici della nostra società sente il bisogno di schermirsi dietro l’improbabile sincretismo “giudaico-cristiano”, non ha invece mostrato alcun pudore nel consegnare a storici nemici le armi legali da brandire contro i difensori della civiltà. Così Calderoli finisce indagato per una maglietta che spiace agli islamici e siamo certi che il metodo verrà applicato per tutte quelle circostanze in cui i magistrati prima non muovevano un dito, quando cioè la legge circoscriveva l’oltraggio alla sola religione di Stato, cattolica beninteso.


Tutto come da copione, con i valori più radicati nel popolo e l’intera civiltà cattolica stretti nella morsa devastante di due fondamentalismi che si reggono bordone: quello islamico e quello laicista, ciascuno convinto di approfittare della vocazione alla “tabula rasa” manifestata dall’altro. Se appare rivelatrice la nota affermazione del leader maomettano che prometteva ai suoi seguaci di conquistare l’Occidente grazie alle sue stesse leggi, è addirittura palese la prassi di appiattimento nichilista quotidianamente attuata nella nostra società a danno della gioventù, delle famiglie, persino dell’ordine naturale. Il tutto dietro il paravento di una concezione materialista dello Stato che, in quanto aconfessionale, dovrebbe lasciare fuori dalla porta duemila anni di valori cattolici e cultura tout court. Lo Stato è laico e, strepitano i fondamentalisti, la Costituzione afferma l’uguaglianza di tutte le religioni: slogan che martellano gli italiani con frequenza frenetica sin dalle scuole dell’obbligo e a cui, dopo tanto assillo, tutti finiscono per assuefarsi, ponendoli a premesse di ogni valutazione in materia di politica e religione. E se la Repubblica italiana è indifferente in materia religiosa, ne consegue che una fede vale l’altra, così l’islam acquista lo stesso peso del cattolicesimo e può rivendicare ogni diritto.


Ma le cose stanno proprio così? A ben vedere, è proprio lo spirito, oltre che il dettato, costituzionale ad esprimersi molto diversamente. La Carta fondamentale non sancisce come “laica” la Repubblica italiana che, semmai, può essere definita Stato concordatario. Infatti, i particolari rapporti che intercorrono tra Stato e Chiesa sono già stabiliti all’art. 7, nei principi fondamentali, dove appunto si rimanda ai Patti Lateranensi. E la religione cattolica è la sola più volte menzionata dalla Costituzione che, pure, afferma la “pari dignità” di tutti i cittadini senza distinzione “davanti alla legge”. Che, come si suol dire, è uguale per tutti. E, recita l’art. 8, “tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge”. Dunque, hanno ragione i fondamentalisti nell’invocare piena libertà e benefici (ma questa è già un’altra cosa) anche per l’islam? Neanche per sogno. L’art. 8 aggiunge che “le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano”. E qui si prendono la loro rivincita le radici cristiane, perchè il “corpus iuris” italiano, essendo frutto pur con certi “tradimenti” della cultura cattolica, è incompatibile con l’islam, come la cronaca ci mostra quotidianamente. E torna in ballo Pisanu: qualsiasi “statuto” islamico, anche quelli presentati per accedere alla Consulta, non può esimersi dal riferirsi al Corano, come il cristianesimo al Vangelo. Ma, a differenza di quella di Cristo, la parola di Maometto esorta a uccidere chi la pensa altrimenti. E qui dovrebbero scattare le “difese” costituzionali.
Insomma, il processo di islamizzazione, come quello di laicizzazione, non sono irreversibili perchè si reggono soprattutto sul “diritto” di chi grida più forte. Il degrado morale e le minacce che incombono sulla nostra società, dimostrano che i fondamentalisti hanno già gridato abbastanza.


Giulio Ferrari, la Padania