In Somalia inizia la caccia al cristiano

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«NON CI SONO CRISTIANI, CI SONO SOLO APOSTATI E LI UCCIDEREMO TUTTI»


Grazie anche all’inerzia del governo Prodi, la Somalia è ora il ‘regno’ di Al Qaida. Le notizie degli ultimi giorni sono allarmanti. Il programma dei Tribunali Islamici comprende, molto semplicemente, lo sterminio di tutti i cristiani somali, anche di quelli residenti all’estero…

La vittoria della fazione più estremista, legata ad Al Qaida, dei cosiddetti Tribunali Islamici in Somalia si deve anche alla colpevole inerzia del governo Prodi, che si è disinteressato pressoché completamente della questione somala, mentre il precedente esecutivo italiano – consapevole del fatto che siamo i primi investitori stranieri nel paese e che tutto quanto avviene a Mogadiscio ha ripercussioni fra gli emigrati somali in Italia – aveva sempre operato, d’intesa con gli Stati Uniti e con silenziosa efficacia, per mantenere un equilibrio fra le varie fazioni. Tra coloro che non saranno grati al governo Prodi di questo disinteresse ci sono i cristiani della Somalia, nei cui confronti è già cominciata una vera e propria caccia all’uomo. L’Italia conosceva questo rischio dal 2003, quando era stata assassinata la missionaria Annalena Tonelli. Quindici giorni dopo due missionari protestanti inglesi, marito e moglie, ne avevano condiviso la sorte.
La minoranza cristiana in Somalia, un tempo fiorente grazie alle missioni francescane italiane (che risalgono al 1886), a quelle luterane svedesi, anglicane britanniche e mennonite americane – seguite più tardi dai pentecostali – si riduce allo 0,5% della popolazione durante la sanguinosa persecuzione anticristiana condotta dal dittatore comunista Siad Barre nei suoi ventidue anni di governo, dal 1969 al 1991, nel corso dei quali ogni attività missionaria è vietata, centinaia di chiese sono distrutte e migliaia di cristiani torturati, fatti «sparire» o giustiziati. Dopo la caduta di Barre la nuova costituzione proclama la libertà di religione, ma in pratica per i cristiani sopravvissuti è difficile vivere una vita normale o trovare un lavoro: molti emigrano in Italia o negli Stati Uniti.
Tuttavia ci sono ancora cristiani in Somalia, e una delle attività che i Tribunali Islamici hanno condotto con maggiore zelo è la loro condanna a morte per apostasia: almeno cinquecento sono stati assassinati negli ultimi anni, già prima della conquista di Mogadiscio da parte degli ultra-fondamentalisti, e le notizie degli ultimi giorni sono allarmanti. Il programma dei Tribunali comprende, molto semplicemente, lo sterminio di tutti i cristiani somali. Uno dei loro ideologi, lo shaykh Nur Barud, ha spiegato che «non ci sono cristiani in Somalia, ci sono solo apostati. Un musulmano non può diventare cristiano: può solo diventare apostata. Non c’è posto per gli apostati in Somalia: non riconosciamo loro il diritto di esistere, solo quello di morire, e li uccideremo tutti».
I Tribunali Islamici ritengono che le sentenze di morte contro gli apostati debbano essere eseguite anche all’estero. Una delle loro prime azioni terroristiche fu il rapimento in Kenya di un cittadino somalo convertito al cristianesimo, che fu riportato in Somalia, «processato» e giustiziato. Lo stesso, naturalmente, potrebbe avvenire in Italia. Inoltre i Tribunali ritengono che «la terra somala sia terra sacra musulmana» e che anche gli operatori stranieri cristiani – come Annalena Tonelli – non abbiano diritto di rimanervi. La loro nozione di «cristiano» si estende al non musulmano che svolga semplici attività umanitarie, e perfino giornalistiche, senza alcuna implicazione missionaria. Altri casi Tonelli sono in arrivo. Il nido di vespe lasciato prosperare a Mogadiscio grazie anche all’inerzia italiana proietta un’ombra sinistra non solo sulla Somalia, ma su tutti i paesi – e il nostro è fra i primi – dove vivono comunità somale.
 
di Massimo Introvigne



IL GIORNALE 27 giugno 2006