Il deserto che avanza

Leggere l’Unità fa venire i reumatismi, tanto quel giornale è aperto. Venerdì, per esempio, dava notizia di un proclama dell’Arcigay contro la nomina di Buttiglione a Bruxelles: in quanto “talebano cattolico”, cioè semplicemente in quanto cattolico, a lui dev’essere proibita la Commissione. “Non vogliamo permettere” tuona l’Arcigay “che nel cuore delle istituzioni europee si annidino posizioni di integralismo religioso”.

In effetti Buttiglione ha le sue convinzioni cristiane (e lo svergognato neanche le nasconde!). E’ un motivo per chiedere la limitazione dei suoi diritti civili e politici? E perché non privarlo anche dei diritti all’elettorato attivo e passivo? Per coerenza si dovrebbe. Naturalmente se un gruppo cattolico si opponesse alla nomina di un Pinco Pallino gay alla Commissione europea in quanto omosessuale dichiarato verrebbe giù il mondo. E giustamente. Sarebbe orrida discriminazione.


Invece sul cattolico Buttiglione l’Arcigay può porre il veto ( e in nome della tolleranza!). D’altra parte i cattolici non sono insensibili alle richieste di quel mondo, se lo stesso Sergio Lo Giudice dell’Arcigay si complimenta con gli Arcivescovi arcitoscani per “l’apertura sulla parità dei diritti delle persone omosessuali arrivata in questi ultimi giorni dalla Conferenza episcopale della regione”.


La rossissima Regione Toscana infatti è la prima in Italia a varare uno Statuto con il riconoscimento delle coppie omosessuali. Daniele Scalise – che sul Foglio cura la rubrica “Froci” (testuale) – l’altroieri, prima di spiegare dottamente il senso del verbo “inchiappettare” (con la serietà con cui si parla di Dasein), spiegava che il riconoscimento delle coppie gay implica “roba come pensioni e sanità, unioni e successioni ereditarie”. E un domani anche le adozioni di bambini.


La Toscana sarà amministrata molto male, ma su questa materia le va riconosciuto il primato. E i vescovi toscani – finora noti solo per aver imposto l’ingresso a pagamento nelle principali cattedrali (contro le indicazioni della Santa Sede) – avranno davvero fatto quell’apertura? Chiudere le arcicattedrali e aprire all’arcigay? In realtà è stata volutamente fraintesa e forzata la loro disponibilità. In ogni caso Alessio, gay, assicura che “la Toscana è una regione con slanci di pensiero modernissimo. Basta pensare ai suoi vescovi. Che davvero, con la disponibilità che dimostrano nei nostri confronti, nemmeno sembrano preti”.


Lo ha dichiarato al Corriere della sera che ha dedicato una pagina all’evento. Ma i vecchi compagni, la base rossa, la penseranno come i vescovi su queste aperture della Regione? “Il padre di Alessio” racconta il quotidiano “era un anziano sindacalista della Cgil: ‘Sbottò a piangere disperato…’ “, ricorda il figlio. Che poi narra trionfalmente al Corriere di quando – per uscire allo scoperto – dette al suo compagno un bacio “lungo e tremendamente sfacciato” alla stazione di Empoli, “davanti a centinaia di pendolari”. Uno dice: ecchisenefrega, i pendolari in Toscana hanno già i loro grattacapi con i trasporti regionali. E invece no, si pretende l’applauso al bacio, questi pionieri si aspettano che si prenda “il filmino del nostro matrimonio” per proiettarlo “nelle scuole”.


Si esige che si rinunci all’idea tradizionale di famiglia (quella naturale, peraltro l’unica recepita dall’attuale Costituzione italiana, art. 29) o almeno che si eviti di esprimere pubblicamente tali “retrive” convinzioni. Come in Spagna dove i vescovi, per aver esposto il pensiero della Chiesa in fatto di equiparazione delle unioni gay ai matrimoni, si sono visti richiamare – dal governo Zapatero – al “rispetto del Parlamento”. Quasi che il rispetto del Parlamento esiga che i cattolici tacciano.


Chi esprime le loro convinzioni si espone soprattutto al lazzo e al disprezzo delle élite. Umberto Galimberti su Repubblica delle donne scrive che bisogna “schiodare il cervello dei più” che in base a “un bieco materialismo”, legato “alla differenza degli organi sessuali”, ritiene che maschile e femminile siano ben identificabili e delimitati. No, tuona Galimberti, “nessuno di noi è ‘per natura’ relegato in un sesso”, “l’ambivalenza sessuale è un tratto comune di ciascuno di noi” e “rifiutarla è un’amputazione della propria psiche davvero devastante”.


Diventerà dunque obbligatorio dirsi bisessuali per non nuocere a se stessi, com’è d’obbligo il casco in motorino? Per Galimberti, nuovo Nietzsche de noantri, non esiste la realtà (che volete che sia il corpo), ma solo tante interpretazioni possibili. I più invece (e io tra quelli) pensano che i fatti (e la Natura) esistano e vengano prima delle interpretazioni (lo dice pure Umberto Eco, su Repubblica del 13 luglio). E tutto questo non c’entra assolutamente niente col rispetto che si deve (sempre) alle persone. Tutte.


Anche Dante fece così nella Commedia e il Corriere che gli ha dedicato una pagina se ne stupisce: sembra strano che egli condanni l’omosessualità, ma restando comprensivo con le persone. E’ anche l’atteggiamento della Chiesa. Il poema dantesco ricorda pure un celebre caso di bisessualità: Cesare, che fu chiamato “regina” per essere stato l’amante del re Nicomede. Nell’antichità pagana i potenti di sesso maschile potevano praticare tutte le possibili opzioni sessuali (e vi aggiunsero pure varie perversioni). Invece le donne di norma passavano dalla proprietà del padre a quella del marito.


In quel clima dissoluto dunque fece scandalo l’arrivo del cristianesimo perché molte ragazze, dopo il battesimo, sceglievano la verginità così di fatto affermando (per la prima volta nella storia) la propria libertà e la propria personalità, sottraendosi a un destino di sottomissione e abuso maschile. La verginità era la vera trasgressione. Forse stiamo tornando oggi a quel clima neopagano.


Davvero sovversive sono le suore.


Capita che certi personaggi pubblici rivendichino bisessualità o omosessualità (come pure una sfrenata attività etero) facendone uno status symbol, un’autopromozione,. Tale è l’approvazione sociale, ma chi affermasse di credere nella verginità o di praticare la castità sarebbe coperto dai lazzi (come infatti è accaduto). Le parti si sono invertite.


La vera trasgressione rispetto alla mentalità dominante, al conformismo imperante, ripeto, è quella delle suore. Nessuno è più libero e anticonformista di una ragazza che oggi si fa suora per amore di Gesù Cristo. Tanto è vero che vengono facilmente coperte di cattiverie com’è accaduto in un recente articolo di Liberazione sulle suore di clausura (con la flebile protesta di Avvenire).


La loro sembra una scelta oscena, come un tempo apparivano le trasgressioni sessuali. René Girard ha notato che il puritanesimo sessuale di una volta, oggi, in tempo di libertinismo obbligatorio e di massa, si è rovesciato in un altro puritanesimo che colpisce “il delitto di credere in qualcosa”. E crederci con tutto se stesso, corpo e anima.


Infatti in Francia – patria del laicismo nichilista e politically correct – una ragazza può andare in giro seminuda, ma guai se invece esibisce un crocifisso o un altro simbolo religioso. Se crede in ciò che quel segno rappresenta e lo afferma pubblicamente diventa un pericolo pubblico che mette in pericolo la libertà altrui. In nome della tolleranza c’è l’obbligo di non credere a niente. E il deserto avanza.



Antonio Socci
(C) Il Giornale 26.7.2004