Il Card. Bagnasco e don Baget Bozzo

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La fede contro il secolarismo diffuso

Una breve ma densa omelia del Card. Bagnasco durante la Santa Messa del funerale di don Gianni Baget Bozzo

 

Omelia in occasione della Santa Messa d’Esequie per Don Gianni Baget Bozzo

Genova, Parrocchia del Sacro Cuore e S.Giacomo di Carignano,
11 maggio 2009

Signori Ministri,
Autorità
Carissimi Fratelli e Sorelle nel Signore

Siamo qui per il suffragio cristiano per l\’anima di Don Gianni Baget Bozzo, sacerdote della nostra Diocesi. Ordinato nel 1967, a 42 anni, dal Card. Giuseppe Siri che fu suo insegnante di Religione al Liceo Doria, ricoprì subito incarichi di fiducia, come la direzione della rivista teologica "Renovatio", del Quadrivium, centro di attività culturali, la cattedra di teologia dogmatica nel nostro Seminario. Scrittore fecondo e non banale, fu termine di confronto per molti in Italia. Il Card. Siri ne riconobbe da sempre le doti di intelligenza e cultura. Ma anche di fede e preghiera. Ciò non gli impedì, purtroppo, di percorrere alcune strade in palese contrasto con la disciplina della Chiesa, fino a dolorosi provvedimenti che la grande e affettuosa paternità dell\’Arcivescovo dovette assumere, e che prontamente cessarono appena vennero meno alcune oggettive circostanze.
Spesso, recentemente, mi ha confidato il suo dolore per aver addolorato il suo Cardinale. Oggi, nella luce di Dio, tutto si chiarisce e si purifica.
Un tema molto caro alla sua meditazione e sul quale scrisse anche un\’opera, era l\’anima e la vita eterna. E le letture bibliche appena ascoltate ci guidano proprio in questa riflessione: "Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se nuore vivrà", dice il Signore Gesù.
Richiamare queste verità della nostra fede è quanto mai necessario oggi, poiché il secolarismo diffuso – che non necessariamente nega Dio – in modo subdolo spinge a vivere come se Dio non ci fosse e tutto si riducesse alla vita terrena. Come se l\’esistenza fosse solo una rapida sequenza di giorni, un\’ inarrestabile corsa verso il nulla. Come se la morte – come affermava Nietzsche – fosse la nostra "cupa compagna di viaggio". Tutto allora si appiattisce sull\’immediato, su ciò che risponde e soddisfa interessi e bisogni senza futuro. Se l\’uomo è un grumo di materia organica solo un po\’ più sviluppata, se non siamo anche anima, allora non esiste futuro, vita eterna, infinito. Allora ognuno è prigioniero di se stesso, chiuso nel mondo angusto del suo piccolo e fuggevole presente, dove i valori dell\’amore fino al sacrificio di sé difficilmente trovano fondamento e linfa rinnovatrice. Se l\’uomo è effimero anche la società sarà inevitabilmente effimera. In sostanza, senza l\’anima l\’uomo è una "passione inutile".
La fede invece – ma anche la ragionevolezza e l\’esperienza universale – dicono che l\’uomo è una grandezza incompiuta, e quindi desiderio e apertura oltre se stesso, verso una cifra che, pur superando il limite della creatura, misteriosamente gli appartiene: è la cifra dell\’infinito, della pienezza, della felicità senza ombre e per sempre. Il Vangelo, sorgente inesauribile di umanesimo, ci invita a guardare avanti con fiducia, perché la vita terrena non è un vagabondare rassegnato e mesto verso il vuoto, ma il pellegrinaggio serio e responsabile verso Dio che è Padre: nel suo grembo di verità deporremo le nostre azioni e i nostri pensieri.
Cari fratelli e sorelle, mentre affidiamo l\’anima immortale di Don Gianni al Signore della vita, preghiamo anche per noi, perché possiamo vivere da umili pellegrini della fede, fedeli a Cristo e, con Lui, fedeli alla storia.

Angelo Card. Bagnasco

http://www.diocesi.genova.it/documenti.php?idd=2525