I teologi del «dissenso cattolico» di nuovo alla carica contro Wojtyla santo

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I cattocomunisti e i «catto-schizo» non vogliono Wojtyla santo


L’Adista, agenzia di stampa cattocomunista; l’ex abate benedettino di San Paolo fuori le Mura, Giovanni Franzoni, sospeso a divinis e ora sposato con una psichiatra giapponese; 12 teologi di varie nazioni, la saggista e giornalista de “il ManifestoAdriana Zarri, i cattocomunisti delle Comunità di Base e di Noi siamo Chiesa rivolgono, dopo un anno esatto, un nuovo, pressante appello a tutti coloro che abbiano testimonianze in grado di ostacolare la beatificazione di papa Wojtyla



ROMA Non si arrendono, i “credenti critici”, i cattocomunisti delle Comunità di Base e di “Noi siamo Chiesa”, quelli che sognano sempre la teologia della liberazione come panacea per tutti i mali sia della Chiesa che del mondo. Non vogliono che papa Giovanni Paolo II sia beatificato e dunque, esattamente come un anno fa, rivolgono un nuovo, pressante appello a tutti coloro che abbiano testimonianze in grado di ostacolare la beatificazione di papa Wojtyla le presentino al tribunale ecclesiastico competente presso il vicariato di Roma. Il testo di questo appello è stato depositato ieri presso lo stesso tribunale e fa seguito ad un anno di proteste e di iniziative portate avanti, in tal senso, da un gruppo di teologi riconducibili ai movimenti e ai gruppi citati prima.
Sostengono che nella causa di beatificazione di papa Wojtyla, aperta il 28 giugno 2005, si deve tener conto anche delle testimonianze a sfavore e degli aspetti controversi del pontificato. Perché papa Giovanni Paolo II “santo subito” fa rabbrividire questi teologi-contro? L’elenco delle “colpe” del Papa è lungo:
– si è permesso di esprimere la «dura riconferma» dell’obbligo del celibato ecclesiastico, ignorando il «concubinato fra il clero di molte regioni» e nascondendo la «devastante piaga» dei preti pedofili;
– quindi ha «continuamente rinviato» la collegialità nel governo della Chiesa romana;
– infine ha chiuso gli occhi sull'”isolamento” in cui è stato tenuto l’arcivescovo salvadoregno assassinato Oscar Romero e la “politica di debolezza” verso i regimi sudamericani.
Con questi peccati alle spalle, come si può pensare di far beatificare uno come Karol Wojtyla, pensano questi teologi all’avanguardia, ignorando i milioni di persone che, invece, lo hanno acclamato santo, non solo in piazza San Pietro, il giorno dei funerali, ma in tutto il mondo.
Dietro l’iniziativa c’è anche l’Adista, agenzia di stampa dei cattolici che guardano (e molto) a sinistra, ma soprattutto, tra i suoi promotori c’è l’ex abate benedettino di San Paolo fuori le Mura, Giovanni Franzoni, sospeso a divinis e ridotto allo stato laicale, ora sposato con una psichiatra giapponese. Uno dei 12 teologi di vari Paesi che avevano sottoscritto l’iniziale “appello alla chiarezza” rivolto esattamente un anno fa: con Franzoni c’erano – e ci sono – Giulio Girardi, Jaume Botey, Casimir Martì e Ramon Maria Nogues (Barcellona), José Maria Castillo (San Salvador), Casiano Floristan (Salamanca), Filippo Gentiloni, ai quali si è anche aggiunto Vittorio Bellavite, portavoce italiano dell’associazione “Noi Siamo Chiesa“. Bisogna poi ricordare la teologa e saggista Adriana Zarri che sul quotidiano “il Manifesto“, già un anno fa, si era impegnata a far pervenire una sua testimonianza firmata al postulatore della causa di papa Wojtyla beato, contraria alla beatificazione. Ma l’anima del gruppo è certo Franzoni, il quale si distingue per le sue iniziative a dir poco non ortodosse. Per esempio, nel luglio scorso ha aderito alla campagna di solidarietà a favore della popolazione di Gaza promossa dal comitato Action for peace. Ma non bastava. Per far capire quanto gli stia a cuore la questione palestinese, Franzoni ha deciso di donare l’anello pontificale, simbolo di fedeltà alla scelta religiosa, ricevuto dalle mani di Paolo VI nel 1964. L’anello sarà estratto a sorte il 16 dicembre 2006, in una sorta di lotteria che raccoglie i fondi per Gaza.

SANTO SUBITO L’ECCEZIONE La causa di beatificazione di Giovanni Paolo II è iniziata eccezionalmente a neppure due mesi dalla sua morte, avvenuta il 2 aprile 2005. Benedetto XVI ha dato il via al processo, dispensando dall’attesa dei cinque anni dalla morte previsti dal codice, quasi accogliendo la pressante richiesta del popolo cattolico accorso ai funerali di Wojtyla a San Pietro
DECISIONE PAPALE Il 13 maggio 2005, infatti, Ratzinger ha annunciato personalmente la decisione al clero romano, leggendo, in latino, una comunicazione in tal senso del cardinale José Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi.
I CONTRARI A opporsi alla canonizzazione ci sono: Adista, agenzia di stampa cattocomunista; l’ex abate benedettino di San Paolo fuori le Mura, Giovanni Franzoni, sospeso a divinis e ora sposato con una psichiatra giapponese; 12 teologi di varie nazioni, la saggista e giornalista de “il Manifesto” Adriana Zarri
LE “COLPE” L’elenco delle “colpe” addebitate a Wojtyla è lungo: la riconferma dell’obbligo del celibato, l’occultamento della diffusa pedofilia tra i preti; l’isolamento in cui è stato tenuto l’arcivescovo salvadoregno assassinato Oscar Romero e la debolezza verso i regimi sudamericani.


di Caterina Maniaci
LIBERO 7 dicembre 06