I gesuiti della “Civiltà Cattolica” non vogliono la democrazia in Iraq

Esportarla laggiù è “offensivo per la comunità islamica”, scrivono nel loro ultimo editoriale. E per battere il terrorismo “l’unica maniera è più intelligence”. Una nota di Massimo Introvigne ROMA – Nel suo ultimo numero, “La Civiltà Cattolica” ha confermato in pieno la sua fama di specchio bifronte: capace di riflettere sia la linea della segreteria di stato vaticana, che ne controlla in anticipo le bozze, sia i personali convincimenti dei gesuiti che vi scrivono.

Nella prima metà del 2003 – quando in Vaticano prevaleva il “partito francese” – “La Civiltà Cattolica” ebbe briglia sciolta e fu essa mettere per iscritto le critiche più aspre alla guerra angloamericana in Iraq, in due editoriali in data 18 gennaio e 17 maggio.

Poi, il 18 ottobre, un articolo choc sui mille anni di jihad islamica contro l’occidente cristiano, scritto dal più autorevole “senior editor” della rivista, il gesuita Giuseppe De Rosa, annunciò un aggiustamento di linea ai vertici della Santa Sede.

E ora un nuovo editoriale, in data 7 febbraio 2004, mostra che la svolta è compiuta. Sulle due guerre combattute dagli Stati Uniti in Afghanistan e in Iraq, “La Civiltà Cattolica” formula un giudizio distinto. Di quella in Afghanistan scrive che “è sembrata giustificata” sia nei moventi che nei risultati. Mentre dell’invasione dell’Iraq si limita ad affermare che “lo sembrava assai meno”. Della successiva presenza militare alleata non fa parola, implicitamente approvandola.

Detto questo in conformità con l’attuale linea vaticana, il resto dell’editoriale dà spazio piuttosto alle valutazioni dei gesuiti che compongono il “collegio” della rivista, in particolare del suo vicedirettore e commentatore politico, padre Michele Simone.

L’errore degli Stati Uniti e degli alleati è stato, a giudizio della rivista, di “sovra-reazione”. Muovendo guerra all’Iraq “hanno prestato il fianco all’impressione che l’occidente […] miri a una nuova colonizzazione dei paesi islamici con lo scopo di impadronirsi del loro petrolio, mettendo avanti la scusa di voler portar la ‘democrazia’, […] senza rendersi conto che almeno per il fondamentalismo islamico la ‘democrazia’ toglie la sovranità ad Allah per trasferirla al ‘popolo’, ciò che per un musulmano credente è un atto di ‘miscredenza’”.

Dopo aver condannato come “particolarmente offensiva per la comunità islamica la pretesa di voler[vi] esportare la democrazia occidentale”, l’editoriale indica altri “effetti perversi” della guerra in Iraq.

Il principale è che “ha dato una nuova spinta al terrorismo”. Invece di batterlo l’ha “moltiplicato”.


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Ma che cos’è il terrorismo internazionale di matrice islamica? E come sconfiggerlo? “La Civiltà Cattolica” dedica gran parte del suo editoriale proprio a rispondere a queste due domande.

Alla seconda domanda, una volta escluse la guerra e l’esportazione della democrazia, la risposta è che “l’unica maniera di combattere il terrorismo [è] il ricorso a raffinate tecniche di intelligence”, ovvero di infiltrazione e spionaggio.

Alla domanda su che cos’è il terrorismo islamico, invece, la risposta della “Civiltà Cattolica” è molto più articolata. E comincia col rimandare ai discorsi di Giovanni Paolo II sul tema.

La rivista ne richiama in particolare due: quello dello scorso 12 gennaio al corpo diplomatico e quello per la Giornata della Pace del 1 gennaio 2004.

In essi – come anche nel messaggio per la Giornata della Pace del 1 gennaio 2002 – il papa analizza l’attuale terrorismo islamico distaccandosi dallo schema tradizionalmente in uso in campo ecclesiastico.

Secondo tale schema, il terrorismo sarebbe il prodotto disperato di un reale stato di ingiustizia, espressione estrema della “collera dei poveri”. Per vincerlo, basterebbe quindi rimuoverne queste cause.

Giovanni Paolo II, nel messaggio per la Giornata della Pace del 1 gennaio 2002, riconosce una parte di verità a questo schema, ma ne denuncia anche l’inganno:

“Il reclutamento dei terroristi è più facile nei contesti sociali in cui i diritti vengono conculcati e le ingiustizie troppo a lungo tollerate. Occorre, tuttavia, affermare con chiarezza che le ingiustizie esistenti nel mondo non possono mai essere usate come scusa per giustificare gli attentati terroristici. Si deve rilevare, inoltre, che tra le vittime del crollo radicale dell’ordine, ricercato dai terroristi, sono da includere in primo luogo i milioni di uomini e di donne meno attrezzati per resistere al collasso della solidarietà internazionale. Alludo specificamente ai popoli del mondo in via di sviluppo, i quali già vivono in margini ristretti di sopravvivenza e che sarebbero i più dolorosamente colpiti dal caos globale economico e politico. La pretesa del terrorismo di agire in nome dei poveri è una palese falsità”.

Inoltre, nel messaggio per la Giornata della Pace di quest’anno, il papa mostra come il terrorismo islamico sconvolge l’ordine internazionale e obbliga a innovare i rapporti tra gli stati:

“Oggi il diritto internazionale fa fatica ad offrire soluzioni alla conflittualità derivante dai mutamenti nella fisionomia del mondo contemporaneo. Tale conflittualità, infatti, trova frequentemente tra i suoi protagonisti attori che non sono stati, ma enti derivati dalla disgregazione degli stati o legati a rivendicazioni indipendentiste o connessi con agguerrite organizzazioni criminali. Un ordinamento giuridico costituito da norme elaborate nei secoli per disciplinare i rapporti tra stati sovrani si trova in difficoltà a fronteggiare conflitti in cui agiscono anche enti non riconducibili ai tradizionali caratteri della statualità. Ciò vale, in particolare, nel caso dei gruppi terroristici”.

L’editoriale della “Civiltà Cattolica” aggiunge ulteriori argomenti a sostegno di questa analisi del fenomeno terrorista. Nel descrivere il disegno di Osama bin Laden e di al-Qaeda, mostra come i loro moventi non siano affatto le masse oppresse, ma la volontà d’instaurare un nuovo califfato islamico, tramite una jihad mondiale contro giudei e “crociati”.

Contraddittoriamente però, nelle ultime righe, il medesimo editoriale respinge “l’idea che l’attuale scontro tra l’occidente e le forze estremistiche dell’islam abbia anche una componente religiosa. Il papa ha sempre ripetuto che non esiste alcuna guerra di religione tra cristianesimo e islam, perché ambedue credono nel Dio della pace”.

Da parte cristiana è innegabile che l’intento di Giovanni Paolo II e della Chiesa cattolica sia questo. Ma da parte del terrorismo islamico risulta l’opposto: la religione ne è parte essenziale. Ed è esso stesso a dichiararlo.

Questo vale per al-Qaeda come per Hamas e per i terroristi della Cecenia. Il profilo dei loro combattenti suicidi lo conferma in modo eclatante. Ecco qui di seguito, in proposito, una nota di Massimo Introvigne apparsa sul quotidiano di Milano “il Giornale” dell’8 febbraio 2004. Introvigne, cattolico, è direttore del Center for Studies on New Religions e ha pubblicato saggi su Osama bin Laden, al-Qaeda e Hamas.


Sandro Magister


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