Fidel Castro modello del neo-ministro Bianchi?

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Trasporti, arriva il modello cubano?


Tra gli ammiratori di Fidel Castro, nelle cui file milita anche il neo-ministro Bianchi, ci sarà qualcuno che si ricorda degli attuali più di 300 prigionieri politici del regime castrista?…


 

Peccato che non ci sia anche Marco Ferrando, il leader dell’area trotzkista che ha appena lasciato Rifondazione comunista in dissenso con la scelta bertinottiana di entrare al governo, quello che si giocò un posto sicuro in Senato con un’intervista in cui, candidamente, spiegava che, sostanzialmente, era giusto che gli iracheni sparassero sui nostri militari impegnati a Nassiriya. Peccato che Prodi non abbia trovato un posto (tra i 99 già assegnati e i prossimi 2 o 3 che verranno assegnati la prossima settimana) anche per Ferrando, perché così il cerchio sarebbe stato davvero completo. Oppure la misura colma, dipende dai punti di vista.
Peccato, anche se comunque c’è chi fa di tutto per far non farlo rimpiangere, come il suo ex compagno di partito, Paolo Ferrero, neo ministro per la Solidarietà cociale, che un giorno propone di chiudere i Centri di permanenza temporanea, il giorno dopo propone di abrogare la Bossi-Fini e quello dopo ancora propone di regolarizzare quasi mezzo milione di immigrati clandestini presenti sul nostro territorio, o come Alessandro Bianchi, “un uomo di sinistra”, come si definisce lui stesso, che si è candidato con i Comunisti italiani al Senato in Calabria, non venendo eletto, ma ha poi trovato comunque un posto, tra i 99 disponibili, nel governo prodiano, con la delega di nuovo titolare del dicastero per i Trasporti.
Un ministero dove Bianchi ha debuttato subito in maniera roboante, annunciando un brusco stop alle grandi opere pubbliche infrastrutturali (ma non si tratterebbe di una competenza del ministro delle Infrastrutture?), compreso il Ponte di Messina, guadagnandosi gli applausi dal suo partito e dai Verdi, ma critiche dai Ds, dalla Margherita e dalla Cisl.
Così Bianchi ha deciso di seguire il consiglio di Prodi, ovvero non parlare di trasporti fino a quando non avrà preso decisioni nel suo dicastero. E così ha fatto, spostando il raggio delle sue esternazioni al campo della politica internazionale, per spiegare che per lui, che appunto si definisce “uomo di sinistra”, la città ideale è L’Avana dove «ascoltare per ore e ore il discorso del primo maggio di Fidel nella piazza grande mi ha dato emozioni forti».
Fidel, ovviamente, è Castro di cui il ministro Bianchi dice: «Ammiro molto quello che Castro ha fatto nel ’59 e anche dopo, resistendo all’assedio». Parole dolci come il miele, dunque, per il dittatore cubano. Decisamente meno per il presidente degli Stati Uniti, George Bush, eletto democraticamente dalla maggioranza dei cittadini statunitensi. «Bush è il peggiore presidente della storia recente degli Stati Uniti», ha sentenziato Bianchi prima di aggiungere «la sua è una logica da guerrafondaio con i paraocchi». Può bastare? Ma neanche per sogno. Poteva il ministro dei Trasporti, cui Prodi ha messo il bavaglio sulle materie riguardanti il suo dicastero, esimersi dal dire la sua sulla presenza del nostro contingente in Iraq? Assolutamente no e infatti Bianchi si chiede «ma perché siamo andati a fare la guerra?» e poi, non pago, seguendo il solco già tracciato proprio da Ferrando, rileva che tra terrorismo e resistenza «è difficile spaccare la cosa. Gli attacchi hanno carattere terroristico, ma come si fa a non dire che derivano da chi sta resistendo ad un’aggressione che ha subito?». Insomma di tutto e di più da Bianchi che, comunque, non dimentica di essere il ministro dei Trasporti e, quasi in risposta a Montezemolo e agli industriali che chiedono più infrastrutture, ricorda che la «Tav deve piegarsi alle esigenze sociali e ambientali». Come dire che non si farà…
Ovviamente le sparate di Bianchi sono state accolte con il solito imbarazzante silenzio di Prodi, che ricordiamo aveva invitato i suoi ministri a tacere almeno in questi primi giorni di governo, e dagli altri leader dell’Unione. Mentre dalla Casa delle Libertà si sono levati gli scudi. «Un ministro, come Bianchi, che attacca così pesantemente il presidente di una superpotenza a noi alleata come gli Stati Uniti, che infama il nostro paese attribuendogli di essere andato a fare una guerra in Iraq, cosa peraltro già sostenuta anche dal signor Prodi, che loda Fidel Castro e il sistema cubano, e che arriva a non distinguere la resistenza dal terrorismo che ha barbaramente assassinato civili e militari, tra cui molti nostri connazionali, dovrebbe cambiare il proprio cognome da Bianchi in Rossi e andare a fare, se lo vorrà, il ministro a Cuba da quel Fidel Castro che tanto ammira», ha replicato Roberto Calderoli, coordinatore delle Segreterie Nazionali della Lega Nord e vicepresidente del Senato. Il leader di An, Gianfranco Fini, invece, osserva che «affermare come ha fatto il ministro Bianchi, che il terrorismo in Iraq è la conseguenza della occupazione e della invasione è una dichiarazione infame», mentre Carlo Giovanardi dell’Udc rincara la dose rilevando che Bianchi «è un intollerabile bugiardo, perché afferma che l’Italia è andata in guerra in Iraq in modo servile ed è grottesco quando si emoziona e si infervora per celebrare un crudele dittatore come Fidel Castro».
Non male e pensare che ci siamo lasciati alle spalle soltanto la prima settimana di governo Prodi e se il buongiorno si vede dal mattino…


di Fabrizio Carcano
La Padania [Data pubblicazione: 26/05/2006] 


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