Ecco l’enclave araba sul Piave

  • Categoria dell'articolo:I diversi islam

VENETO ISLAMICO: SHARIA IN ARRIVO A TREVISO

I musulmani nelle case abbandonate dei paesini della Marca. Obiettivo: diventare la maggioranza Fontigo (TV). Benvenuti nella Repubblica islamica del Piave. Niente di più di qualche puntino sulla carta geografica. Ma se li si collega fra di loro diventano una rete. E’ la comunità musulmana del Veneto profondo, ricco ma scarsamente popolato. Fino a quarant’anni fa, da qui si emigrava ancora per andare a cercare fortuna in Lombardia. Le zone rurali sono rimaste semideserte per decenni, poi sono arrivati i marocchini, a insediarsi in terreni abbandonati e case con il cesso all’esterno, senza l’acqua calda e con i cavi elettrici scoperti. «E’ colpa anche degli italiani che gliele affittano e le lasciano subaffittare senza dire niente», sbotta Marco Mori, l’ex vicesindaco repubblicano di Sernaglia della Battaglia, comune dove quasi il 38 per cento degli immigrati è di origine nordafricana. Ma abitano quasi tutti nella piccola frazione di Fontigo, l’avamposto della conquista islamica della Pedemontana. Si sono concentrati sulla riva del fiume che mormora ancora qualcosina contro lo straniero, ma rimane inascoltato. Di fronte c’è il Parco dell’ultima battaglia, con quella macabra Isola dei Morti dove nel 1918 non si poteva più camminare perché la corrente vi aveva trascinato troppi cadaveri di soldati italiani.

UNA ZONA STRATEGICA
Sin dal tempo degli antichi Romani, questa zona è stata sempre ambita perché considerata una posizione strategica per le vie di comunicazione. Ora c’è un fronte nuovo e inatteso, intorno ai luoghi della Grande Guerra e ai sacrari dei Caduti. Vi sorgono i call-center degli immigrati, i loro negozietti di robe etniche e dietro, senza dare nell’occhio, anche la loro piccola moschea, sulla strada che porta a Col San Martino. Si riuniscono di notte, vestiti con il caffettano e la papalina in testa. «Parlano arabo tra di loro, non si capisce niente», dicono in piazza a Sernaglia. Nessun contatto ravvicinato con i locali, anche se mandano i figli alla scuola pubblica e all’asilo delle suore. Si guardano bene dal proclamare la guerra santa. Mai un motivo di contrasto. Silenziosamente si preparano a colonizzare il territorio, la cui amministrazione è retta da una giunta Lega Nord-Legambiente-Ds che, non ha saputo affrontare il problema. «Anzi, spesso sono proprio i “padani” a mettere a disposizione le loro proprietà immobiliari più fatiscenti. Poi, eventualmente, non si vergognano di andare a protestare in piazza contro l’immigrazione selvaggia», spiega Ezio Coletto, consigliere d’opposizione di Forza Italia. Tra chi fa affari con gli stranieri, c’è perfino una rispettabile 60enne, che assiste devotamente alla messa ogni domenica. Salvo permettere ai propri inquilini di subaffittare a 10-12 persone in un appartamento che ne potrebbe ospitare al massimo tre, se solo fosse abitabile.
Visto come lasciano le abitazioni, quando acconsentono ad andarsene, sembra quasi naturale consegnare loro dei tuguri. Lo sa bene l’ex parroco di Cavriè che qualche anno fa, in un imprudente slancio di apertura pseudoevangelica, acconsentì a ospitare una famiglia di nordafricani. Si trovò in poco tempo la canonica invasa da gente di ogni genere, che continuava ad aumentare di numero, e la lasciò come scomoda eredità al suo successore. Il quale, con molte difficoltà, riuscì a trovare un nuovo alloggio per gli occupanti (che altrimenti non si sarebbero mai trasferiti) e, tornato in possesso dell’immobile, dovette ripulirlo dagli escrementi lasciati sulle scale. E pensare che, nel 1554, in questi paraggi, ospite dell’Abbazia di Sant’Eustacchio, Monsignor Giovanni Della Casa scrisse il Galateo.

IL MAIALE FUORILEGGESe i sedicenti cristiani non si fanno troppi scrupoli, i musulmani sono il secondo e il terzo anello della catena dell’inciviltà. Ci sono i primi arrivati che, dopo aver vissuto per un po’ come nell’età della pietra, chiamano confratelli, amici e familiari e a loro volta li sfruttano come gli italiani hanno fatto con loro. E ora comprano, soprattutto a poco prezzo, fabbricati e piccoli appezzamenti agricoli in disuso, per affittarli ai nuovi morti di fame. Il raggio d’influenza islamica va allargandosi, per cerchi concentrici. Così, improvvisamente anche chi ha le radici piantate qui da secoli sente di non essere più gradito, nemmeno in casa propria. Un vecchio contadino della zona si è ammalato di cancro, forse anche perché non è riuscito a capire come mai i suoi vicini musulmani, che lo circondavano, lo accusassero di tenere un animale immondo. Allevava soltanto un maiale. Ma per loro è un’onta insopportabile, di questi tempi E gli hanno intimato di andarsene, Offrendogli di acquistare il podere. Ha venduto, per evitare guai, ma il suo fisico non ha più retto. Prima zappava e ora deve trascorrere le sue ultime giornate in chemioterapia. La sua vicenda sembra la metafora dell’Occidente modello davanti all’islam che avanza, si cede per non perdere. Ma è proprio quella tattica che porterà alla sconfitta.

LA POLIZIA RELIGIOSA
Chissà perché, prima degli settembre 2001, qui i musulmani mangiavano soppressa e l’annaffiavano anche con un bianchetto, magari. Poi, di punto in bianco, le loro donne hanno iniziato a uscire per strada con il velo. Non voglio no più nemmeno lasciarsi scattare una fototessera a capo scoperto. Strano, perché nei documenti dei loro Paesi d’origine compaiono con tutta la capigliatura al vento. In patria non glielo permettono, ma qui orinai vige la sharia. E viene fatta rigorosamente rispettare, lasciando inascoltate le vecchie ordinanze dell’ex sindaco trevigiano Giancarlo Gentilizi, che voleva impedire di indossare il burqa. A San Biagio di Callalta, a qualche chilometro da Treviso, circola perfino una ronda, né più né meno che in Arabia Saudita, dove la polizia religiosa vigila sulla morale coranica. E’ la guardia islamica, che va da un bar all’altro per controllare chi entra e cosa beve. Per il momento, i veneti non sono ancora stati messi sotto osservazione. I più ingenui continuano a pensare che quel falegname nordafricano, a cui mancano tre dita e che ora si veste di tutto punto, sia in giro a perder tempo, passeggiando per la strada. Ma i suoi connazionali lo sanno che invece è il fustigatore dei corrotti costumi occidentali. Se li becca con un bicchiere di vino, finiscono male. Da un po’ di tempo gli arabi e i senegalesi non vanno più nemmeno a prendere un caffè, per evitare di essere sospettati di eresia. Se dovessero prevalere, da queste parti si salverebbe a malapena il radicchio rosso. I vigneti doc di Prosecco, Merlot, Cabernet, per non parlare della grappa e della luganega, scomparirebbero per lasciar spazio al deserto. E già accaduto nella fascia settentrionale della costa mediterranea e in Spagna. Si va per gradi, ma l’assedio è concentrico: prima del Natale 2004 una scuola elementare di Treviso ha sostituito il racconto della Natività con la favola di Cappuccetto Rosso, passaggio intermedio e indolore per arrivare un giorno a mettere in programma la vita di Maometto. Sempre in nome dell’accoglienza, ci mancherebbe.
Sulla linea del Piave sembra che si siano adeguati anche gli architetti e le imprese di costruzione. Non c’è più il tetto spiovente a coprire le case nuove. Ora va di moda così. E’ umido e freddo per la maggior parte dell’anno, vicino agli argini del fiume. Il clima non si è piegato al volere di Maometto. Però molti abitano dentro dei cubi, come in Marocco dove splende sempre il sole. Pensano che sia più trendy e non importa se, senza le grondaie che li riparano, i muri marciscono di muffa dopo pochi anni.

LA TENDA DEI BENETTON
Se qualcuno non si adegua, come il sindaco leghista di Villorba Liviana Scattolon, partono le minacce di morte. Nel 2005, al primo cittadino che si opponeva all’apertura di un centro culturale islamico, fu recapitata una busta piena di bossoli d’arma da fuoco. Qualche giorno più tardi, il portone dell’associazione islamica “Pace”, a Sovilla di Nervesa, saltò in aria, divelto da un candelotto di polvere pirica. Poi, a Montebelluna, fu la volta di un’automobile, incendiata dopo che sul cofano era stato scritto “No Islam” con lo spray. Se ora la tensione è calata, nel frattempo sono scese definitivamente anche le braghe degli italiani. Dal 1995 la Castelgarden di Castelfranco, che produce macchine tosaerba, ha la propria piccola moschea, anche se di soli 15 metri quadrati. Si comincia così, a macchioline di leopardo, a contendersi gli spazi come al tempi della guerra di trincea che ha insanguinato il Piave quasi un secolo fa. Ai musulmani non può andare meglio di così: ogni luogo dove uno di loro ha pregato diventa terra d’islam per tutta l’eternità. Altre grandi aziende nei dintorni, la Elettrolux, la Zanussi, la DeLonghi e imprese di dimensioni più ridotte, l’Agricola Tre Valli di Vazzola e la Star di Refrontolo, hanno praticamente abolito la carne di maiale nelle loro mense per non offende re gli operai musulmani. E da domani, giorno di inizio del Ramadan, partono i preparativi per la grande festa che si svolgerà al Palaverde di Villorba, messo a disposizione a titolo quasi gratuito, come ogni anno dal 2001, dalla società di gestione che fa capo alla famiglia Benetton. Il sermone e le preghiere, come sempre, si svolgeranno in arabo, a dimostrare la volontà di dialogo con il mondo degli infedeli.

Andrea Morigi – LIBERO 23 settembre ’06