Dopo il Time arriva Foreign Policy…

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C\’è Ramadan, manca il Papa. Ma c\’è il trucco

Foreign Policy stila una classifica dei 100 intellettuali più influenti. Nelle prime posizioni tutti musulmani. Fra gli italiani Eco e Riotta…

 

 

«Chi sono oggi i 100 intellettuali più influenti del pianeta?» La domanda è stata lanciata dall\’autorevole rivista americana di politica internazionale di area democratica Foreign Policy e dalla britannica liberale Prospect. Cinquecentomila i votanti che hanno potuto indicare 5 nomi fra la rosa dei 100 candidati. Medaglia d\’oro a Fethullah Gulen. Chi è? Leader sufi turco moderato e riformista, da anni in esilio negli Stati Uniti e vicino al partito del premier Recep Tayyip Erdogan, promuove un accostamento centrista e conservatore all\’islam che si presenta come alternativo al fondamentalismo. In Turchia vanta milioni di seguaci.
Lungo la top ten solo pensatori musulmani. Ottavo Tariq Ramadan. Il fondamentalista teologo e accademico svizzero-egiziano che in occasione della partecipazione di Israele come ospite d\’onore alla scorsa Fiera del Libro di Torino lanciò accuse di fuoco come: «Non si può approvare nulla che provenga da Israele». All\’undicesimo posto il primo intellettuale occidentale, il linguista liberal americano Noam Chomsky seguito dall\’immancabile Al Gore.
Italiani? Al quattordicesimo posto Umberto Eco e al settantanovesimo Gianni Riotta, che collabora proprio con Foreign Policy. Il Corriere della Sera, goloso di notizie di questo tipo, plaude a un tale risultato, perché dimostrerebbe la forza del dialogo interculturale e dell\’apertura da parte di un numero sempre maggiore di musulmani, diversi fra loro, ma attivi allo stesso modo sulla rete, curiosi, intellettualmente vivi, tutto il contrario degli «stanchi e disincantati cittadini d\’Europa».
A noi però qualche interrogativo sul risultato sorge spontaneo. A parte i criteri oscuri con cui è stata scelta la rosa dei cento candidati, fra cui, per esempio, non compare Benedetto XVI, e il fatto che abbiamo provato a votare anche noi sul sito di Foreign Policy ma senza successo, rivelatrice è la dichiarazione di Tom Nuttall, caporedattore di Prospect. Dice: «Abbiamo scoperto che è stata la pubblicità della nostra iniziativa sul primo quotidiano turco, Zaman, vicino al movimento di Gulen, che ha scatenato la risposta compatta dei suoi innumerevoli seguaci». Il primo mistero è risolto. Continua: «È logico pensare che chi ha scelto Gulen abbia votato per altri musulmani». Più contestabile questa spiegazione, date le forti differenze di posizione politica e di impegno intellettuale fra gli eletti nella top ten. Tuttavia la domanda su come funzionano davvero e chi risponde a sondaggi di questo tipo – il più chiacchierato è firmato Time – e quindi sulla loro reale utilità da un punto di vista culturale, rimane aperta. Il sospetto è che a farla da padrona rischi di essere, di volta in volta, una parte ben definita di votanti. Movimento religioso o lobby che sia.

 

di Elena Inversetti
Tempi 25 Giugno 2008