Condannato il magistrato anticrocifisso

Il giudice anticrocifisso condannato a 7 mesi


Il magistrato Luigi Tosti è stato ritenuto colpevole del reato di omissione di atti di ufficio perché dal 9 maggio rifiuta di tenere udienza contestando l’affissione del crocifisso («In quanto simbolo religioso e monoconfessionale») nei palazzi di giustizia…


Il magistrato Luigi Tosti, almeno per ora, dovrà rassegnarsi a non esporre nella «sua» aula di giustizia la menorah ebraica. Nel frattempo è stato invece condannato a sette mesi di reclusione e un anno di interdizione dai pubblici uffici. La sentenza è stata emessa ieri dal Tribunale dell’Aquila che lo ha ritenuto colpevole del reato di omissione di atti di ufficio. Tosti è finito sotto processo perché dal 9 maggio rifiuta di tenere udienza contestando l’affissione del crocifisso («In quanto simbolo religioso e monoconfessionale») nei palazzi di giustizia.  La sentenza, letta dal presidente del collegio, Carlo Tatozzi, è più lieve della richiesta del Pm che aveva richiesto un anno di reclusione.
Una vicenda – quella del Gip di Camerino – dai contorni tragicomici: tragici perché da sei mesi nel tribunale marchigiano parte della regolare amministrazione giudiziaria è – di fatto – bloccata a causa dello «sciopero» di Tosti; comici perché il motivo della protesta è decisamente grottesco. «Non farò più udienza finché in aula non potrò esporre anche un simbolo della mia religione ebraica»,  ha sempre sostenuto Tosti per il quale, evidentemente, una pura ragione di principio è più importante di un servizio pubblico fondamentale per la vita democratica di un Paese.
Insomma, possibile che un magistrato decida di non amministrare più la giustizia per un contenzioso tra simboli religiosi? L’Italia ha scoperto che le cose stavano effettivamente così seguendo la trasmissione L’Antipatico su Canale 5: un’intervista capace di far comprendere ai telespettatori come nel giudice Tosti, in realtà, convivessero due anime diverse. Da una parte un uomo apparentemente preparato e dall’eloquio forbito; dall’altro un personaggio disarmante nel suo furore ideologico-confessionale. Ieri l’inevitabile epilogo, che comunque non chiuderà la questione. La conferma viene dalla pittoresca umanità giunta a L’Aquila per sostenere la causa di Tosti: dagli esponenti dell’associazione «No God» (che esponevano il cartello «Giustizia in nome del popolo italiano o nel segno della croce?») ai sostenitori dell’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti;  da Marco Pannella all’onorevole socialista Enrico Buemi. Fino alla ciliegina sulla torta: i raeliani, la setta che professa la discendenza del genere umano degli extraterrestri («Siamo qui per dire basta al misticismo che è la fonte dei mali del pianeta»).
Paradosso tra i paradossi: per non urtare la sensibilità del giudice-imputato, il presidente Tatozzi aveva fatto rimuovere il crocifisso dalla stanza del dibattimento. Una decisione che, invece di tranquillizzare Tosti, lo ha mandato fuori dai gangheri:  «Non voglio privilegi, anzi mi batto perché vengano eliminati», ha urlato dal banco degli accusati, abbandonando l’aula subito dopo.
Per l’occasione il dottor Tosti aveva portato con sé la menorah ebraica che gli è stato possibile tirar fuori davanti alle telecamere, ma soltanto all’esterno del Tribunale. Per il tragitto opposto i difensori del Gip di Camerino confidano ora nell’appello.
di NINO MATERI
Il Giornale n. 275 del 19-11-2005


Giudice anticrocifisso, Bertinotti contro la sentenza


Talvolta commentare le sentenze, a sinistra, viene attaccato come un’illegittima interferenza nel potere giudiziario. Ma sembra non essere così per sentenze in materia religiosa, nel caso specifico quella che ha condannato il magistrato Luigi Tosti, gip di Camerino, a sette mesi di reclusione e all’interdizione dei pubblici uffici per un anno per essersi rifiutato di presiedere udienze finché non fosse rimosso il crocifisso dall’aula. È una sentenza che esprime «intolleranza», si indigna il segretario di Rifondazione Fausto Bertinotti.  E con lui si scaglia contro i giudici l’altro «eretico» della politica italiana, Marco Pannella, che è volato addirittura all’Aquila venerdì per presenziare alla sentenza «simoniaca»: «Desta inquietudine la condanna emessa ieri a L’Aquila di sette mesi verso il giudice Luigi Tosti – commenta il segretario del Prc -. Una condanna che esprime intolleranza e sembra volere risolvere sul terreno della magistratura un serio problema politico e culturale». Il tema è di interesse sociale, sostiene dunque il leader comunista.  Il magistrato è stato condannato per omissione di atti d’ufficio. «Il caso – aggiunge Bertinotti – può invece diventare l’apertura di una strada al riconoscimento del pluralismo e della concezione del luogo pubblico come spazio di convivenza tra diversi». Il leader di Rifondazione non solo difende il gip condannato, ma rilancia: «La proposta del magistrato di poter giustapporre alla presenza del crocifisso anche la menorah, simbolo della religione ebraica, è una proposta interessante che andrebbe raccolta e attuata, anche per dimostrare la praticabilità di queste nuove esperienze. Di una ricca laicità capace di dare risposte innovative a nuovi problemi».
Il magistrato, il giorno dopo la sentenza, non si dà per vinto. Forte di questi appoggi politici, ribadisce la presentazione del ricorso e annuncia: «È solo l’inizio dell’incendio».
Arrivano dal leader dei radicali Marco Pannella le parole più scandalizzate: «La simonia, ed è bene che nelle scuole si insegni di che si tratta, governa questo Paese e dà in mano il governo sulla religiosità a dei credenti solo nell’oro e nel potere,  per esempio, questa Cei», ha aggiunto, gettando nuova brace al fuoco di polemiche di questi giorni contro la conferenza episcopale italiana. «Un giudice – ha concluso Pannella – è stato condannato perché ha cercato di difendere il diritto di Gesù, dopo essere stato crocefisso, di non essere in più inchiodato crocifisso nelle aule delle giustizie umane. È la dimostrazione che la simonia governa questo Paese».
Luigi Tosti si rifiuta di tenere udienza dal 9 maggio, contestando l’affissione del crocefisso «in quanto simbolo religioso e monoconfessionale».  Nonostante la condanna è più fermo che mai nella sua decisione: «È stata ieri scritta, in un’aula-ghetto allestita “senza crocifisso” e destinata appositamente a uno “sporco” imputato non cattolico – afferma – una delle pagine più epiche della giustizia italiana». Il magistrato ringrazia Pannella per il suo sostegno e annuncia: «Spero che la mia sentenza di condanna, contro la quale ricorrerò, sia l’inizio di un incendio che risvegli le coscienze dei sudditi italiani che non intendono più tollerare l’emarginazione e la discriminazione che parte dei cattolici attua ai danni», di quanti «si identificano in religioni diverse dalla loro».


Il Giornale n. 276 del 20-11-2005