Card. Bagnasco:l’individualismo proprio di una società che tende a vivere i vinc

L\’individualismo proprio di una società che tende a vivere i vincoli come limitazioni e a sognare come opzioni solo le quote di libertà acquisita.

 

La famiglia interpella la Chiesa. Sostegno al suo progetto educativo di promozione umano e sociale

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Relazione tenuta dal signor Cardinale Angelo Bagnasco
in occasione dell\’Assemblea annuale della Consulta Nazionale Antiusura “Vicini e Solidali con le famiglie”

Santuario di N.S. della Guardia, Ceranesi, Genova, 26 giugno 2008
http://www.diocesi.genova.it/documenti.php?idd=2323&PHPSESSID=ce75225db3a0c5d9e7687f6eacb8a4e6

Premessa

Sono veramente lieto di prendere parte a questo incontro, promosso dalla Consulta Nazionale Antisura, che da ormai più di un decennio svolge un\’attività di sensibilizzazione e di prevenzione rispetto ad una questione spesso rimossa, ma tragicamente presente nel tessuto sociale odierno. So infatti che alle sedi delle 26 Fondazioni regionali in Italia raccordate dalla Consulta Nazionale Antiusura fanno capo centinaia di centri di ascolto dove di fatto approdano quotidianamente tante persone indebitate, sovraindebitate o peggio strette dalla morsa dell\’usura. Non è un mistero per nessuno il fatto – acclarato da recenti statistiche – per le quali il totale delle famiglie "a rischio" ammonterebbero a 912 mila, con una distribuzione differenziata nelle varie regioni. E\’ questo certo il segno di una difficile congiuntura economica a livello non solo nazionale, ma pure l\’emergere di una questione che colpisce duramente l\’equilibrio familiare. Non vi è dubbio infatti che le difficoltà economiche della famiglia portino con sé una serie di contraccolpi emotivi che non tardano a manifestarsi come vera e propria sofferenza dei genitori e dei figli, molto al di là di quello che si potrebbe supporre. Peraltro questa \’fatica di vivere\’ si inserisce all\’interno di una cultura diffusa che ha esasperato modelli di consumo fuori da ogni logica e non teme di innescare la spirale dei debiti senza tenere in alcun conto i costi non solo materiali, ma anche affettivi di questa disinvolta e tragica escalation. Non è raro che l\’epilogo di certe derive economiche finisca per rivelarsi anche come rottura delle unioni matrimoniali, sfilacciamento delle relazioni parentali, conflitti generazionali e comportamenti devianti dei figli. Quando la famiglia è posta sotto attacco dal punto di vista della sua serenità economica è pure esposta al pericolo della sua tenuta complessiva. Di qui l\’interesse della comunità cristiana per questa emergenza a prima vista solo economica e sociale, ma come sempre più profondamente legata ad una questione di ordine educativo e di senso. Dietro l\’agire economico, ivi compreso il sistema di relazioni finanziarie, infatti non stanno solo meccanismi di ordine tecnico e puramente automatico, ma sempre una serie di priorità e di scelte che mettono in gioco la libertà e la responsabilità delle persone. Non basta dunque rilevare certe drammatiche crisi economiche o denunziare talune infiltrazioni di tipo criminale che pure vanno doverosamente contrastate, ma interrogarci più profondamente su quali meccanismi culturali ed educativi avviare per risalire la china di una società che rischia – in cospicue fette del suo vissuto – di annegare nei debiti e di perpetuare la sua disinvolta parabola consumista.

Prima di analizzare le forme in cui tale fenomeno si manifesta, risalendo alle sue cause economiche e culturali, mi preme ribadire l\’orizzonte di fondo cioè provare a chiarire in che senso la famiglia interpella, cioè pro-voca la Chiesa a prendere posizione su tale emergenza. Alla fine proverò a descrivere alcune scelte che siamo chiamati ad incarnare nel nostro abituale processo educativo.

1. La famiglia come la prima dimora dell\’uomo

"Il bene della persona e della società umana e cristiana è strettamente connesso con una felice situazione della comunità coniugale e familiare" (GS, 47). E\’ questa convinzione di fondo che spiega l\’attenzione costante del magistero sociale della Chiesa nei riguardi della dimensione familiare, ritenuta a ragione quella che decide dell\’esito della società nel suo insieme. Ancor più esplicitamente Giovanni Paolo II nella Centesimus Annus (n. 39) definisce la famiglia "prima e fondamentale struttura a favore dell\’ecologia umana", volendo far intendere che è in essa che l\’uomo riceve le prime e determinanti nozioni intorno alla verità e al bene e soprattutto apprende cosa significhi essere persona. Più di recente Benedetto XVI ha puntualizzato:"La famiglia è l\’ambito privilegiato dove ogni persona impara a dare e a ricevere amore" (Discorso al V Incontro mondiale delle famiglie a Valencia). E\’ nella famiglia, infatti, che prendono corpo le esperienze che consentono lo sviluppo fisico e psichico dell\’essere umano, si consolidano le relazioni fondamentali (la relazione filiale, genitoriale, coniugale) attraverso cui si forma l\’identità personale e si costruisce il destino della società. Per questo la famiglia può essere giustamente definita come la radice dell\’uomo, la sua prima dimora, il luogo in cui si attua la relazione tra generi diversi e tra diverse generazioni. Questo e non altro è l\’essenza del familiare! La famiglia in questo senso lega insieme differenze cruciali dell\’umano. E per questo risulta ancor oggi e per sempre un momento essenziale da custodire e preservare, rispetto a qualsiasi pericolo e problema.

In concreto, lasciarsi provocare da questo dato vuol dire per la Chiesa mostrare la convenienza umana oltre che spirituale di questa delicata "struttura ecologica", da cui dipende in larga misura l\’umanizzazione della società. Nella famiglia infatti si mette in comune la vita e si affrontano insieme le molteplici esigenze dei singoli membri della comunità domestica. La famiglia dunque deve rispondere a compiti di sviluppo globale che sono riconducibili all\’amore. Non a caso nella Familiaris Consortio – che rappresenta nel Magistero contemporaneo la più nitida percezione di che cosa sia la famiglia – si legge: "Custodire, rivelare e comunicare l\’amore, quale riflesso vivo e reale partecipazione dell\’amore di Dio per l\’umanità" (n. 17) questa è la missione propria della famiglia. In tale direzione la Familiaris Consortio fa emergere alcune esigenze della famiglia che provocano pure la Chiesa e la società di oggi.

La famiglia anzitutto è più della somma dei suoi membri: è una comunità di persone. Si tratta infatti di una specifica comunità di vita e di amore, che si sviluppa grazie all\’impegno e all\’autenticità dei suoi membri. In concreto, si nutre dell\’impegno dei coniugi di condividere un progetto di vita, si compie nella cura dei bisogni quotidiani, nel dialogo paziente tra generazioni diverse, nell\’attenzione alla condizione di ciascuno, specie se debole e indifeso, nella compartecipazione alle gioie e ai dolori dell\’altro. La famiglia per questo risulta essere un grande "ammortizzatore sociale", perché è il luogo in cui si compongono le esigenze dei singoli all\’interno della comunità stabile più ampia. E\’ l\’esperienza che riesce in concreto a mettere insieme libertà e giustizia in nome della fraternità. Tale compito però non è automatico e garantito. Infatti "la comunione familiare può essere conservata e perfezionata solo con un grande spirito di sacrificio" (Familiaris Consortio, 18).

La famiglia poi assicura il servizio alla vita. Di qui l\’attenzione con cui la Chiesa è provocata a guardare alla funzione generativa dei coniugi che di fatto partecipano e cooperano al mistero della creazione perché rendono possibile il realizzarsi "lungo la storia della benedizione originaria del Creatore, trasmettendo nella generazione, l\’immagine divina da uomo a uomo" (Familiaris Consortio, 28). Naturalmente questo compito dei genitori si allarga al compito educativo propriamente detto, che non riguarda solo quello che essi fanno per i loro figli, ma anche quello che essi imparano dai figli, trattandosi di scambiare beni relazionali che mettono in gioco l\’intera persona. L\’educazione infatti non è mai a senso unico.

Infine, la famiglia partecipa allo sviluppo della società. In un contesto come quello odierno, che spesso tende a massificare e insieme ad isolare, soprattutto i più giovani, l\’esperienza primaria della famiglia risulta cruciale. Soprattutto in una società liquida e in rapida espansione c\’è ancor più bisogno di un ancoraggio personale e vitale; per questo alla famiglia va riconosciuta una specifica soggettività, in quanto si rivela alla prova dei fatti come "prima e insostituibile scuola di socialità, esempio e stimolo per i più ampi rapporti comunitari all\’insegna del rispetto, della giustizia, del dialogo, dell\’amore" (Familiaris Consortio, 43).

Nasce da qui la convinzione, che nella Chiesa è divenuta storicamente sempre più evidente, per la quale la famiglia, essendo l\’espressione naturale della persona nelle sue relazioni originarie, è "società piccola, ma vera, e anteriore a ogni civile società; perciò con diritti e obbligazioni indipendenti dallo Stato" (Rerum Novarum, 9). Essa è perciò "una società che gode di un diritto proprio e primordiale" (Dignitatis Humanae, 5; Familiaris Consortio, 45), che chiede di essere riconosciuto anche da parte dello Stato. In tale contesto si inserisce l\’auspicio che le politiche familiari acquistino centralità nel dibattito pubblico, perché si tratta di tener conto delle esigenze della famiglia come soggetto di libertà e come risorsa della società, soprattutto attraverso misure fiscali adeguate che riconoscano i molteplici servizi che la famiglia rende nello svolgimento dei suoi compiti. In fondo "si tratta della responsabilità per quel singolare bene comune nel quale è racchiuso il bene dell\’uomo: di ogni membro della comunità familiare, un bene certamente \’difficile\’, ma affascinante" (Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglie, 11).

2. Le sfide alla famiglia: casa, lavoro, gioco d\’azzardo e… usura

Volendo esemplificare ora quali sono le sfide concrete che mettono a dura prova la famiglia oggi, sono almeno tre le situazioni con cui fare innanzitutto i conti: la casa, il lavoro, il gioco d\’azzardo.

Ci sono sempre più famiglie indebitate e per i motivi più svariati. Si va dalle spese superflue per consumi non strettamente necessari alle spese mediche, dall\’aumento del costo della vita che ha ridotto la possibilità di accantonare il reddito, all\’investimento per avvio di attività economica (commercio, artigianato, agricoltura, ecc.). Su tutto però spicca un problema, ed è il problema della casa e dei relativi mutui "a tasso variabile" che sono ormai diventati la regola. Basti pensare che negli ultimi mesi del 2007 le insolvenze sui mutui sono aumentate di circa il 20%.

Ci sono poi le famiglie con bilancio economico deficitario a motivo del lavoro che si è fatto precario, quando addirittura non è scomparso. I salari minimi dei giovani, e la conseguente impossibilità di progettare un sereno futuro familiare, così come la tragica rottura per un capo-famiglia del proprio rapporto lavorativo, stanno creando situazioni allo sbando. Si allarga peraltro la forbice tra il privilegio eccezionale di pochi e l\’ordinaria indigenza di tanti che perdono progressivamente il loro potere d\’acquisto e la loro visibilità sociale. Si consolida così la fascia degli "esuberi umani" che costituisce una inaccettabile condizione per molte famiglie coinvolte in questa improvvisa e tragica deprivazione dei beni fondamentali.

Infine aumenta il numero di quelle famiglie che finiscono sul lastrico quando uno dei componenti, più frequentemente l\’uomo – ma anche la donna – si lascia completamente assuefare dalla dipendenza dei videogiochi e dei giochi d\’azzardo. Nel 2007 le spese per il gioco \’ufficiale\’ sono state pari a 46,2 miliardi di Euro, mentre di gran lunga inferiore è stato l\’investimento dello Stato per la Pubblica Istruzione che non ha superato i 40 miliardi di euro. Pare certo che la spesa media annuale per il gioco in una famiglia media sia di circa 2500 euro all\’anno.

Sono proprio queste sfide che costituiscono il terreno di coltura della più perniciosa delle conseguenze. Quella che Benedetto XVI non ha esitato a definire come "l\’infamia dell\’usura, che annienta la vita dei miseri" (Catechesi del 2 novembre 2005). L\’usura non è riconducibile ad un\’area geografica particolare, ma presenta una diffusione omogenea su tutto il territorio nazionale, e non è un fenomeno necessariamente mafioso. Talvolta anzi prende corpo nelle relazioni di vicinanza parentale ed amicale e genera una sorta di "struttura di peccato" che mette insieme l\’usuraio e l\’usurato, il carnefice e la vittima. Entrambi si lasciano risucchiare – su fronti contrapposti – da una logica aberrante che tuttavia coinvolge circa 2 milioni e mezzo di famiglie.

Non vi è dubbio che i mutui a tasso variabile, la precarizzazione del lavoro, il gioco d\’azzardo, siano tra le cause strutturali di una certa forma di povertà che paradossalmente diventa il target ideale per quanti intendono lucrare su questa forma di debolezza che diventa facilmente ricattabile. E\’ fin troppo evidente peraltro che lo Stato debba proseguire con sempre maggior convinzione nell\’opera di contrasto e di perseguimento di tale reato, facendo in modo che l\’usura venga tematizzata come un tratto fondamentale dell\’aggressione criminale e dell\’emergenza sociale. Solo così l\’approvazione della nuova legge sull\’usura (la n. 108 del 1996) potrà rivelarsi efficace e determinante. Ciò nonostante, resta pur vero che dietro a queste cause strutturali di ordine economico e sociale si nascondano pure delle cause culturali di ordine esistenziale che vanno debitamente messe in luce.

3. Le radici culturali dell\’aggressione alla famiglia

Tutti gli analisti sono concordi nel ritenere che quando la crisi economica crea incertezze rispetto alle prospettive di medio e lungo periodo, si incrementa la fascia di coloro che si rifugiano nel gioco d\’azzardo, alla ricerca della \’dea bendatà. Impressiona che a fronte di una stagnazione dell\’economia la reazione di alcuni non è quella di garantirsi il minimo, ma di sfidare l\’impossibile. Non è un caso che tra le categorie più esposte alla giocodipendenza ci siano proprio le fasce economicamente deboli e socialmente marginali. Dietro questo fenomeno si cela dunque un deficit di tensione umana che delega l\’impegno e si attesta su posizioni velleitarie quando non autolesioniste. In questa fuga dalla realtà si coglie non solo un atteggiamento fatalista e alla lunga irresponsabile, ma anche la percezione che tutto possa essere modificato in un attimo. Senza fatiche, senza coinvolgimento, senza costi personali

Ciò posto, resta vero tuttavia che la crisi economica è un elemento di crisi anche morale e che rimuovere le differenze più scandalose, ammortizzando i costi sociali dei processi economici in corso è interesse dell\’intera collettività, di cui uno Stato veramente maturo deve farsi carico in tempo utile e con politiche tempestive. Da questo punto di vista, oltre ad auspicare politiche sociali convinte, è troppo sperare che lo Stato non si limiti a non incoraggiare implicitamente il gioco, ma neppure alimenti "l\’induzione delle famiglie all\’alea, tutelando tutte le figure del nucleo familiare: i minorenni, gli anziani, i capifamiglia, le donne", come richiesto di recente dal Segretario, mons. Alberto D\’Urso e dal Presidente, P. Massimo Rastrelli?

C\’è pure un\’altra radice all\’opera nel fenomeno dell\’indebitamento. Ed è la tendenza a "comprare oggi e a pagare domani", che le moderne tecniche pubblicitarie esasperano, inducendo ad acquisti senza coperture. Questa dilazione nel pagamento amplifica la tendenza della società "della gratificazione istantanea" a volere tutto e subito. Così facendo ci si adagia dentro un\’ottica prevalentemente consumista, in cui ci si lascia scegliere più che scegliere e si finisce per compensare con la moltiplicazione delle cose il vuoto desolante dei significati. Tale constatazione è ancor più evidente tra le giovani generazioni e richiede per essere smentita un investimento educativo di lungo periodo, che ridia al tempo prima ancor che al denaro la priorità nelle evidenze etiche. Solo ritrovando il gusto per il tempo che ci è donato si riuscirà ad evitare una pura logica delle cose da possedere, aprendosi piuttosto ad esperienze che facciano lievitare i beni relazionali da condividere.

Da ultimo, vorrei far cenno ad un\’altra radice che è l\’individualismo proprio di una società che tende a vivere i vincoli come limitazioni e a sognare come opzioni solo le quote di libertà acquisita. In tale contesto la famiglia indebitata precipita subito in una condizione di isolamento fisico e psicologico che divora pure le residue forze di resistenza. Proprio questa marginalità amplifica le dimensioni del problema e porta a ricercare soluzioni che spesso aggiungono al danno la beffa. In realtà solo l\’unione delle persone può costituire l\’antidoto a forme di depressione che sembrano schiacciare verso un muro senza uscite di sicurezza.

4. La scelta della Chiesa: educare ancora

Di fronte al quadro evocato la Chiesa non resta indifferente. E\’ in gioco qualcosa di essenziale per la sua missione. Storicamente, del resto, non si è mai registrata estraneità tra la comunità cristiana e le differenti transizioni economiche e sociali. La Chiesa più antica ha stigmatizzato l\’usura con esemplare severità, giungendo poi – a debite condizioni – a riconoscere la liceità del prestito ad interesse. E tuttavia proprio la sua attenzione a questo fenomeno tipicamente economico e commerciale, dice che quando è in gioco l\’uomo la Chiesa non può sottrarsi al suo compito. E così attraverso i Monti di Pietà nel tardo Medioevo, e poi nell\’Ottocento attraverso un capillare sistema creditizio (basti pensare alle Casse rurali ed artigiane), la Chiesa ha sempre sostenuto le fasce sociali più deboli, per aiutarle a star dentro al nuovo contesto socio-economico che da agricolo diventava industriale. Anche oggi dunque la comunità cristiana non può voltare le spalle alla realtà, profondamente trasformata da irresistibili processi che sinteticamente identifichiamo con una parola sola: la globalizzazione. E\’ per questo che nel 1995 – per l\’intuizione di alcuni coraggiosi pionieri – si è dato vita a questa Fondazione antiusura che – in stretto raccordo con la Conferenza Episcopale Italiana – intende promuovere in ogni regione d\’Italia misure a vantaggio delle famiglie volte alla prevenzione e alla solidarietà. Se innumerevoli sono i risultati raggiunti e molteplici le situazioni che sono state portate a superamento, resta vero che la forma della missione ecclesiale conserva un suo peculiare carattere educativo.

Ce lo ha ricordato lo stesso Benedetto XVI nella sua recente Lettera alla Diocesi di Roma sull\’educazione con due suggestioni. La prima è un appello ad assumersi la questione educativa comunitariamente: "La responsabilità è, in primo luogo, personale, ma c\’è anche una responsabilità che condividiamo insieme, come cittadini di una stessa città e di una nazione, come membri della famiglia umana e, se siamo credenti, come figli di un unico Dio e membri della Chiesa". L\’educazione è il miglior investimento di una società: occorre aver pazienza e lungimiranza, ma educare paga e ripaga chi investe in essa in termini umani, ideali e materiali.

L\’altra suggestione è l\’indicazione della speranza come l\’anima dell\’educazione:"Vorrei, infine, proporvi un pensiero che ho sviluppato nella recente lettera enciclica Spe Salvi sulla speranza cristiana: anima dell\’educazione, come dell\’intera vita, può essere solo una speranza affidabile". Senza una speranza affidabile non si vive per sé, meno ancora si vive per gli altri! Senza sperare si smette di educare, perché in fondo educare è scommettere sulla possibilità che l\’uomo si liberi dai limiti personali e morali. Occorre dunque ritrovare le ragioni per sperare al fine di ricreare le condizioni per educare poiché – scrive sempre il Papa – :"alla radice della crisi dell\’educazione c\’è infatti una crisi di fiducia nella vita". Più grande è la crisi educativa in cui ci si trova, più grande deve essere la speranza che vi pone rimedio. I cristiani dispongono della "grande speranza" che – come ci è stato autorevolmente ricordato nel Convegno di Verona – consiste nel "grande sì" che Dio ha detto all\’uomo in Gesù Cristo. Da qui occorre sempre ripartire, come Chiesa, a vantaggio dell\’uomo di oggi. Infatti "la speranza che si rivolge a Dio non è mai speranza solo per me, è sempre anche speranza per gli altri; non ci isola, ma ci rende solidali nel bene, ci educa a educarci reciprocamente alla verità e all\’amore".

Vorrei allora, per concludere, far cenno a tre atteggiamenti spirituali che bisogna far crescere se si vuol recidere la serie delle radici culturali che producono certi fenomeni desolanti sul piano sociale ed economico.

Mi riferisco alla gratuità, alla sobrietà e alla solidarietà.

La gratuità anzitutto è la percezione di un Mistero che sovrasta la dimensione dell\’essere umano, che non può essere ricondotto solo ai suoi bisogni, e deve invece essere continuamente aperto ai suoi autentici desideri di bellezza, di verità, di vita. Non basta dunque soddisfare i bisogni quotidiani, ma sviluppare i desideri autentici. La nostra società non fa l\’apologia del desiderio, ma piuttosto l\’apologia delle voglie che sono un\’ombra impoverita delle desiderio. Ora, come si entra in contatto con il nostro desiderio? Una via passa attraverso la capacità di osservare la nostra vita e scoprire dietro ad ogni cosa il desiderio autentico che si cela nei bisogni morbosi come nelle svariate dipendenze ed aspettative. Riflettere a fondo su tutto ciò che proviamo: questa via del discernimento è una delle vie che ci porta a Dio. L\’altra passa attraverso la preghiera. Secondo Agostino, la preghiera ha il compito precisamente di dilatare il nostro desiderio, di stimolarlo continuamente alla misura di Dio. Laddove la stella del desiderio ha abbandonato il nostro cuore non possiamo più sentirci "a casa". "A casa" ci si sente soltanto laddove alberga ancora il mistero di Dio. Anche noi sappiamo di essere finalmente "a casa" quando percepiamo che il desiderio di Dio in noi non è stato vano. Quando so, a prescindere da tutti i miei problemi, che Dio stesso dimora in me, allora riesco a vivere meglio. Allora sperimento di avere in me uno spazio in cui sentirmi a casa, perché Dio stesso vive in me.

La sobrietà è la naturale conseguenza di chi ha scoperto il segreto della vita e vende tutto per il tesoro nel campo. Non è un caso che nel Vangelo appaia chiaramente una netta contrapposizione tra le ricchezze e Dio. Non si danno scorciatoie e mediazioni rispetto a questa profonda persuasione del Maestro:"E\’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel Regno di Dio" (Mt 19,24; Mc 10,24-25; Lc 18,25). Le ricchezze sono un bene, ma anche una tentazione per il cuore dell\’uomo sempre portato a idolatrarle.

La sobrietà è al contrario uno stile di vita che sa distinguere tra i bisogni reali e quelli imposti, che si organizza a livello collettivo per garantire a tutti il soddisfacimento dei bisogni fondamentali con il minimo dispendio di energia, che dà alle esigenze del corpo il giusto peso, senza dimenticare le esigenze spirituali, affettive, intellettuali e sociali della persona umana. La sobrietà, ad esempio, se riscoperta in ambito familiare, significa ricentrare l\’attenzione sulla vita di relazione più che sui beni di consumo. Una famiglia sobria significa un luogo in cui in riferimento ai singoli e al gruppo, l\’essere è sempre prevalente rispetto all\’avere. Dove questa non viene vissuta, non è difficile constatare come la qualità della vita e dei rapporti interpersonali sia influenzata da eccessi di carrierismo, attaccamento ai beni, competitività, fin dai primi anni, stress da consumo, frustrazione per senso di inadeguatezza alle aspettative. Ma accanto a queste considerazioni a lato della nostra vita spesso \’sazia e disperatà, resta ineliminabile la percezione che la sobrietà nasce dalla fraternità e dalla consapevolezza che tutto ciò che è superfluo, viene sottratto al necessario di altri uomini.

Siamo dunque alla solidarietà che dobbiamo inventare sempre di nuovo rispetto alle nuove sfide poste dalla società in rapido cambiamento. Se guardo alle molteplici azioni messe in campo dalla Fondazione Antiusura in questi 12 anni di attività, scopro che le vie della solidarietà sono davvero innumerevoli e vanno dai Centri di ascolto diffusi su tutto il territorio nazionale all\’incremento dell\’attività di assistenza legale e di tutoraggio per tante famiglie, fino alla puntuale azione di stimolo nei riguardi del Parlamento per garantire una Legge sul sovraindebitamento delle famiglie adeguata ed efficace.

Si tratta dunque di continuare a far crescere il livello dell\’azione e della formazione su questa delicata frontiera della vita sociale e familiare, innestandosi su un terreno già ampiamente dissodato dalla nostra comunità cristiana. Come infatti scrivevano i Vescovi italiani già nel 1991:"Oggi è ancor più necessario di un tempo un profondo senso di solidarietà, che abbracci tutte le forme \’corte\’ di solidarietà come quelle incentrate sui legami familiari e sui rapporti privati, quanto quelle \’lunghe\’, che fanno riferimento a realtà vaste e complesse, e perciò esigono interventi di lungo periodo con un\’attenta valutazione dei bisogni e delle risorse disponibili". (Educare alla legalità, 11).

Auguro a tutti voi di continuare a camminare su questa via che è la via della famiglia cioè la via della vita. Grazie.

Angelo Card. Bagnasco