Bologna: ”Sindaco Cofferati lo accetta un suggerimento?”

Per i problemi dell’immigrazione c’è una “carta” nel cassetto

di Giovanni Salizzoni

Da
Avvenire on Line del 30 ottobre 2005

A volte le soluzioni ai problemi sono più a portata di mano di quanto non si pensi e non ci si accorge di avere già a disposizione strumenti efficaci per combattere anche le questioni più complesse. Un esempio? Il clamore provocato da Sergio Cofferati, infelicemente ribattezzato dal Manifesto “il cileno” per la sua battaglia all’insegna della tolleranza zero nei confronti dell’immigrazione clandestina, per la strenua difesa della legalità, anche a dispetto della solidarietà.

La vicenda è balzata agli onori delle cronache nazionali qualche settimana fa a seguito delle iniziative volute dalla giunta cofferatiana contro i lavavetri e ha raggiunto l’apice i giorni scorsi per le disposizioni comunali sugli sgomberi e le demolizioni delle baracche dei clandestini romeni sull’alveo del Reno.
Un fatto è certo: se l’illegalità è un problema, il problema va risolto. A maggior ragione se in città si respira voglia di ordine, avvertendosi sempre più i sintomi di un degrado strutturale e umano che genera insicurezza diffusa.


La risposta che Bologna sta cercando deve essere tuttavia trovata nella sintesi tra legalità e solidarietà, o meglio – visto che il caso riguarda molto da vicino cittadini immigrati, regolari o meno – tra legalità, solidarietà e identità.

Ma Cofferati una soluzione al problema ce l’ha. Può tirarla fuori dal cassetto in cui ha archiviato le delibere approvate dalla Giunta Guazzaloca. Lì troverà la Carta dei diritti e dei doveri per una civile convivenza, approvata il 31 marzo 2003, che è il primo e più organico atto che un’amministrazione comunale italiana s’è data, con il proposito di regolare e volgere al meglio rapporti di convivenza con persone immigrate. Si tratta di un atto non a caso diventato oggetto di studio da parte di numerose amministrazioni comunali italiane ed europee, frutto di quattro anni di confronto serio e approfondito, guidato da un nutrito gruppo di esperti in materia.
L’idea di fondo che soggiace alla Carta è che la comunità ospitante ha una sua identità, la quale è stata costruita lungo secoli di storia e che l’immigrato è tenuto a rispettare. Egli può giovarsene, se lo desidera. Ma non gli è chiesto di far sua questa identità. Gli è garantito che può mantenere la propria nel rispetto della nostra e di quel minimo di regole essenziali che hanno fondato e tuttora fondano il nostro vivere civile. In questo senso la Carta è un patto: non vuol essere, né è, uno strumento di integrazione forzosa o surrettizia; non per nulla la parola integrazione non vi appare mai.


La Carta individua e raccoglie quelle regole volte a favorire l’inserimento e la convivenza, specialmente in relazione a punti nodali quali il rispetto delle reciproche identità, la casa, il lavoro, il sostentamento economico, la formazione e la scuola.


Regole chiare, in cui tutti debbano riconoscersi; regole condivise dai cittadini che vedono nella loro pronta e rapida applicazione una risposta alle incognite e alle trasformazioni cui la società è sottoposta dai flussi migratori; regole condivise dagli immigrati, che trovano in queste un quadro di riferimento per calarsi in una realtà per loro completamente nuova.
È di grande significato simbolico il fatto che la Carta, che in qualche modo è la carta d’identità della comunità civica bolognese, possa essere consegnata ai cittadini al momento del rilascio della carta d’identità personale. All’interno di un quadro di identità esplicitamente affermate e riconosciute, un’offerta di grande apertura sociale e di concreta considerazione della comune dignità umana.
Insomma, potremmo sintetizzare così: «Ti dico ciò che io sono, e ti chiedo di rispettarmi; ma poi offro e chiedo anche per te tutto ciò che pretendo per me». C’è da stupirsi che un documento così lungimirante, e che altrove è stato adottato da una Giunta di centrodestra anche con i voti di Rifondazione Comunista, sia sfuggita e continui a sfuggire all’attuale giunta bolognese.
Purtroppo la politica in Italia non sempre sa fare i conti con la ragionevolezza e il buon senso: quanto approvato da una parte politica, pur se buono, viene cancellato per principio dalla parte politica opposta. La vicenda attuale ne è esempio eclatante.