Benedetto e l’Europa apostata…

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Monito del Papa


Se l’Europa  continua nell’apostasia verso Cristo
e verso se stessa si estinguerà…


«Il processo stesso di unificazione europea si rivela non da tutti condiviso, per l’impressione diffusa che vari “capitoli” del progetto europeo siano stati “scritti” senza tener adeguato conto delle attese dei cittadini. Da tutto ciò emerge chiaramente che non si può pensare di edificare un’autentica “casa comune” europea trascurando l’identità propria dei popoli di questo nostro Continente. Si tratta infatti di un’identità storica, culturale e morale, prima ancora che geografica, economica o politica; un’identità costituita da un insieme di valori universali, che il Cristianesimo ha contribuito a forgiare, acquisendo così un ruolo non soltanto storico, ma fondativo nei confronti dell’Europa. Tali valori, che costituiscono l’anima del Continente, devono restare nell’Europa del terzo millennio come “fermento” di civiltà. Se infatti essi dovessero venir meno, come potrebbe il “vecchio” Continente continuare a svolgere la funzione di “lievito” per il mondo intero?»…

1) Ratzinger profeta: «L’Europa si estinguerà»
2) «Ma a Bruxelles Romano ha sempre taciuto sulle radici cristiane»

1)


Ratzinger profeta: «L’Europa si estinguerà»


Estinzione, apostasia, egoismo, cinismo pragmatico. Ecco quali sono le realtà, la linea d’orizzonte, la sostanza dell’Europa anno 2007 secondo papa Benedetto XVI. Non affronta il discorso con giri di parole, ma con la sua consueta chiarezza e incisività il Pontefice denuncia i rischi ai quali va incontro l’Europa a 50 anni dai Trattati di Roma. E il tono viene percepito come risoluto, persino duro. Se il suo “ministro degli Esteri”, monsignor Dominique Mamberti, venerdì ha denunciato gli «attacchi ingiusti» dell’Europarlamento alla Chiesa cattolica (quasi trenta, ha contato minuziosamente), ora Benedetto XVI si rivolge ai vescovi europei riuniti a Roma in occasione di un convegno dedicato proprio all’anniversario dei Trattati di Roma. Disegna uno scenario quasi apocalittico: «Sotto il profilo demografico si deve purtroppo constatare che l’Europa sembra incamminata su una via che potrebbe portarla al congedo dalla storia». Eppure, Benedetto XVI continua a desiderare – e chiede ai suoi vescovi di non rinunciare a questa speranza – «una nuova Europa, realistica ma non cinica, ricca d’ideali e libera da ingenue illusioni, ispirata alla perenne e vivificante verità del Vangelo». Quel che appare invece davanti ai nostri occhi indifferenti è il panorama di un continente europeo alla deriva, che sta «di fatto perdendo fiducia nel proprio avvenire». A questo si è arrivati perdendo il contatto con le proprie radici. Una «singolare forma di apostasia da se stessa prima ancora che da Dio» caratterizza l’Europa odierna, portandola «a dubitare della propria identità», sottolinea il Papa davanti alla platea di vescovi e ricorda la proposta tante volte avanzata da Giovanni Paolo II e dal cardinale Camillo Ruini: «Non si può pensare di edificare un’autentica casa comune europea trascurando l’identità propria dei popoli di questo nostro Continente. Si tratta infatti di un’identità storica, culturale e morale, prima ancora che geografica, economica o politica. Un’identità costituita da un insieme di valori universali, che il Cristianesimo ha contribuito a forgiare, acquisendo così un ruolo». Ma quel che forse ha fatto balzare dalle sedie in molti, soprattutto fra i politici, è la “denuncia”, da parte di Benedetto XVI, di «quell’atteggiamento pragmatico, oggi largamente diffuso, che giustifica sistematicamente il compromesso sui valori umani essenziali, come se fosse l’inevitabile accettazione di un presunto male minore». E quando su un simile pragmatismo «si innestano tendenze e correnti laicistiche e relativistiche, si finisce per negare ai cristiani il diritto stesso d’intervenire come tali nel dibattito pubblico o, per lo meno, se ne squalifica il contributo con l’accusa di voler tutelare ingiustificati privilegi». Accuse precise, affondo circostanziati, che evocano le spinose questioni etiche, l’eutanasia, l’aborto, i Dico, e che preparano l’ultimo monito, un tema già lanciato dalla Pontifica accademia Pro vita qualche giorno fa. «Nell’attuale momento storico e di fronte alle molte sfide che lo segnano», afferma il Papa, «va salvaguardato il diritto all’obiezione di coscienza, ogniqualvolta i diritti umani fondamentali fossero violati». E come risponde il mondo della politica alle nette parole del Papa? Risponde subito il premier Romano Prodi, tentando una sorta di autodifesa: «Mi sono adoperato lungamente e silenziosamente per introdurre il riferimento della radici cristiane nella Costituzione europea. Credo, però che non esserci riuscito non vuol dire che il testo le disconosca». E poi tenta anche una controffensiva: «Questo è un retaggio del passato». Invece, adesso «ciò che mi preoccupa di più è il senso dell’assedio, dell’essere minoranza che vedo anche nel mondo cristiano». Secondo il ministro dell’Interno Giuliano Amato, il Papa «ha ragione», nel senso che «i valori cristiani fanno parte della nostra tradizione e della nostra cultura, e che esiste in Europa un problema di fattori di disgregazione dei tessuti sociali, un problema di fattori costitutivi di identità sbagliate e non di identità positive, mentre i valori cristiani, come in genere i valori religiosi, possano concorrere a rinsaldare il tessuto etico delle società europee». Critica la posizione del ministro per le Politiche comunitarie Emma Bonino: «Il Papa forse ha come modello la politica italiana, dove troppi politici dimentichi della rigorosa, grande tradizione dei cattolici liberali, sono invece usi chinarsi al bacio del santo piede, ma l’Europa è, e deve rimanere, una realtà più complessa e articolata». Per il vicepresidente del Senato leghista Roberto Calderoli c’è una certezza sola: «Peccato, o per fortuna, che stia svolgendo un incarico tanto importante perche’ diversamente candiderei Joseph Ratzinger come prossimo presidente del Consiglio di questo Paese perché, con le sue parole, dimostra ogni volta di avere le idee chiare e di saperle esprimere chiaramente».


di CATERINA MANIACI
Libero 25 marzo 2007-03-25



2)


Intervista al vicepresidente del Parlamento europeo


«Ma a Bruxelles Romano ha sempre taciuto sulle radici cristiane»


Romano Prodi dice di essersi «adoperato lungamente e silenziosamente per inserire nella Costituzione europea le radici cristiane»?
«Tutto falso, lui fece solo una cosa: silenzio».
Parola di Mario Mauro, vicepresidente azzurro del Parlamento europeo: «Non spese una parola quando era presidente della Commissione europea, né in Commissione, né in Parlamento, né alla Convenzione europea».
Il premier giura, invece, si essersi battuto perché ci fosse un richiamo al cristianesimo nella Carta Ue.
«Non mi risulta».
E cosa fece quando si stava elaborando il Trattato costituzionale?
«Io credo che l’interpretazione adeguata della presa di posizione di Prodi sia tutta in quel “silenziosamente”».
Sta dicendo che il premier rimase in silenzio quando è stato cancellato il riferimento al cristianesimo nel preambolo del Trattato?
«Esatto. Non c’è traccia di suoi interventi in difesa delle radici cristiane presso il Parlamento europeo, non ce n’è traccia nei suoi discorsi presso la Commissione o in dichiarazioni rese in conferenze stampa e non c’è traccia di questa sua teorica perdurante difesa dell’origine cristiana nemmeno negli interventi resi presso i lavori della Convenzione. Quindi quel “silenziosamente”, a mio modo di vedere, vuol dire “in modo tale che nessuno se ne sia accorto”».
Lui invece sostiene di aver proposto emendamenti, «ma quando l’ho fatto», ha dichiarato, «mi sono sentito dire: “Mettiteli in tasca, non li possiamo discutere perché c’è una storia che ci divide”».
«Benissimo. Prodi ci dica chi gli ha detto “mettiteli in tasca”. Così potremo chiedere a questo “qualcuno” se lui li aveva mai tirati fuori questi emendamenti».
Quindi, secondo lei, Prodi ha mentito?
«Io non mi permetto di giudicare questo aspetto della buona fede di Prodi. Però ho imparato che una posizione che non assume rilevanza pubblica non è una posizione, è un’intenzione. Nessun dubbio sulle buone intenzioni del premier. Un giudizio severo, invece, sulle prese di posizione dell’allora presidente della Commissione Ue, che non ci furono. Lo dico perché credo fortemente che un presidente della Commissione impegnato nel raggiungimento di quell’obiettivo sarebbe stato di grande utilità, specie considerando che quella posizione era stata assunta pienamente da alcuni grandi governi, tra cui l’Italia, tramite l’allora premier Silvio Berlusconi».
Crede che Prodi abbia assunto “ex post” questa posizione perché dovrà farsi ambasciatore dei vescovi europei al summit di Berlino per i 50 anni dei Trattati di Roma, dove recapiterà la loro “Dichiarazione di Roma” in difesa del patrimonio cristiano e della famiglia?
«Può darsi, ma certo è un paradosso che sia proprio il capo del governo che ha inventato i Dico a farsi latore di un testo episcopale in difesa della famiglia. Il mio timore è che Prodi, cattolico adulto, intenda anche questa nuova missione in modo silenzioso, a tal punto da non accorgersi di ciò che è chiamato a compiere».
Teme, cioè, che anche la missione di Prodi per la famiglia si tradurrà nel silenzio?
«C’è una frase usata di recente dal cardinale Ruini che può aiutarci a capire: “Meglio criticati che insignificanti”. Ecco, quel “silenziosamente”, dal mio punto di vista, sta ad indicare un’irrilevanza rispetto al destino e al ruolo pubblico della fede nella storia delle istituzioni europee».


di BARBARA ROMANO
Libero 25 marzo 2007-03-25