A Giuliano Ferrara (ma non solo a lui) non piace la ”finctio” dell’OOTIDE

Fate festa, è arrivato l’ootide. Lo spermatozoo è entrato dove doveva ma non si è accoppiato, il nucleo maschile e quello femminile sono ancora separati per ventiquattr’ore. Zac, congelato. E’ un pre-embrione, un pre-Io o un pre-Tu molto freddo, e questo pre-qualcuno serve al riverito professor Carlo Flamigni e ai suoi compagni di crociata per eludere la legge barbara, crudele, medievale, oscurantista sulla procreazione medicalmente assistita. La legge non parla dell’ootide, non impedisce la pre-fabbricazione di pre-bambini: forse, dipende da giudici e comitati di bioetica, può partire la pre-produzione in serie della pre-vita che libera le coppie sterili da penose costrizioni clericali ed è una benedizione per la ricerca. Forse hanno trovato una cosa che non è persona, perché è pre-qualcosa, ma non è materia inerte e inutile perché è progetto in corso.

Non so. Sono di tanto inferiore nella conoscenza bio-tecnica da dovermi arrendere di fronte alla fantasia del riverito scienziato in crociata, dei suoi cronisti e apologeti. Però rivendico, non solo a nome mio, la dotta ignoranza che porta a dubitare del metodo: dare battaglia intorno a una legge e dimenticarsi del suo oggetto, eludere una norma e infischiarsene del suo significato in nome del diritto di far figli come quando e dove è tecnicamente possibile. Avrei l’idea che la pre-parazione della pre-vita di un pre-essere umano è un metodo già stabilito dalla natura, qualunque cosa natura significhi, e che modificarlo con tecniche di elusione e di perfezionamento è pericoloso; che bisogna fermarsi e riflettere senza pregiudizi, che è stranamente e viziosamente salutista essere contro gli Ogm e per l’ootide.

La penso all’opposto. Natura e storia si intrecciano in un permanente progetto di perfezionamento delle condizioni di vita, e un pomodoro quadrato mi fa paura fino a un certo punto, ma quando è in ballo la vita umana, con tutte quelle complicazioni che sono l’evoluzione della specie, il linguaggio, magari l’anima o la forma individuale, bisogna andarci piano. Ma queste obiezioni le tengo per me, sono il mio rovello clericale, un chiaro sintomo di pazzia antimoderna. Forse sono la degenerazione di vecchie letture, quelle in cui quel vecchio ebreo di Marx se la prendeva con la reificazione, la riduzione a cosa del mondo umano. Forse anche un segno di cinismo e di odio per il desiderio di maternità e paternità biologica, per quel desiderio di stirpe nel sangue che ha segnato parecchio il Novecento. Dall’hard power stiamo passando al soft power: dal forno alla provetta e alla clonazione. Cazzo è un progresso. Il secolo ha bisogno di tecnica, io maschio senza figli che parlo di procreazione ho invece bisogno di uno psicoanalista: questo è chiaro. (Non posso tuttavia non osservare, avendo lavorato per un anno accanto a una formidabile donna che ha avuto figli e altri ne ha adottati con amore, che non tutte le vie del desiderio finiscono necessariamente in provetta).


Io i radicali li capisco. Sono radicali. Sono libertari. Pensano senza riserve che la libertà libera. La loro è politica nell’apostolato laico. Contano sulla responsabilità come complemento essenziale della libertà di scelta. Si fidano sempre, è nella loro natura e cultura. Procedono per singoli temi, costruiscono argini. Un giorno si domanderanno che cosa sia la libertà senza divieti, e discuteremo la loro sincera risposta. Ci consentono di discutere, dunque di allarmarci e di pensare. Scandalizzano e responsabilizzano. Vogliono abrogare la legge, sono gente di frontiera, amano il far west: punto. Quella che non sopporto, e mi dispiace per il caro Giovanni Berlinguer, vecchio amico di famiglia che rispetto, è la indiscutibile diagnostica della felicità. Magari affidata alla Corte Costituzionale o al comitato tecnico incaricato di vagliare le elusioni del riverito ginecologo. Non mi piace la filosofia dei servizi sociali dedicati all’autorealizzazione di una coppia. Non mi piace la furbizia elusiva degli Ootidi. Rinascerò tra cinquant’anni, sarò preparato e congelato da bravo ootide, ci sarà la diagnosi pre-impianto, mi priveranno del gene dell’obesità, sarò scattante ma sarò un altro, sarò un prodotto piuttosto che un essere umano. Non mi piace quell’altro, preferisco l’altro liberamente generato o nientificato dalla sterilità. Non mi piace il presepe dei cattolici progressisti e post comunisti. Non mi piace.


Giuliano Ferrara


(C) Il Foglio – 31 maggio 2004